
Come lavora il kinesiologo? Questa è una domanda che mi sento fare spesso. Ed è una domanda comprensibile considerando la poca popolarità delle arti kinesiologiche applicate. E purtroppo tenendo conto anche delle favole raccontate da molti su questa disciplina, non c’è da stupirsi. Favole fuorvianti propinate, non solo dai soggetti senza cognizione di causa; ma anche da parte di sostenitori della materia, spesso professionisti del settore un po’ troppo naif, che danno in pasto a detrattori affamati di discredito argomenti imprecisi ed erronei, ma utili a questi ultimi per nutrire i loro tentativi di demolizione della kinesiologia agli occhi dell’opinione pubblica.
Così, le persone non addette ai lavori animate da sana curiosità che non si fanno condizionare troppo dalla favole, chiedono giustamente, per saperne di più, in cosa consiste la kinesiologia e il lavoro del kinesiologo.
Con questo articolo entrerò nel dettaglio della questione, ampliando la vasta trattazione di chiarimento sulla kinesiologia, già argomentata in altri articoli di cui trovi i riferimenti alla fine di questo post.
Come sempre adotterò un tono argomentativo serio, privo di sensazionalismi e soprattutto ricco di spunti per approfondire. Tenendo presente che: per sapere davvero come lavora un kinesiologo, la cosa migliore è andarci di persona e sottoporsi ad un ciclo di sedute. Fatta questa premessa, cominciamo!
COME LAVORA IL KINESIOLOGO: LA QUESTIONE DELLO “STILE”
Per comprendere come lavora il kinesiologo, partiamo da un dettaglio importante: la kinesiologia è una disciplina “operatore dipendente”. Ciò significa che lo stile, le capacità, l’orientamento adottato e soprattutto l’esperienza del kinesiologo condizionano fortemente il suo modo di lavorare. A causa di questo dettaglio tecnico è impossibile generalizzare il modo di lavorare dei kinesiologi; a titolo esemplificativo diciamo così: prima di tutto ogni kinesiologo ha il suo stile. Per tali ragioni, l’intera argomentazione che stai leggendo è ovviamente influenzata dalla mia prospettiva di lavoro. Ad ogni modo, cercherò di mettere in luce i fattori generali che a mio avviso costituiscono le basi da cui ha origine l’approccio di ogni kinesiologo serio e professionale.
Sicuramente uno degli elementi fondamentali comuni ad ogni kinesiologo, qualunque sia il suo stile e orientamento metodologico, è la prospettiva olistica: ogni kinesiologo adotta un approccio integrato, basato prima di tutto sulla kinesiologia applicata – la madre di tutte le “kinesiologie” – e collegato a diversi ambiti scientifici e altre discipline: chiropratica, osteopatia, posturologia, neuroscienze, psiconeuroendocrinoimmunologia, somatoemotività, cognizione, psicologia, fenomenologia, filosofia della mente, embodied cognition e filosofia del corpo per citare i maggiori. Inoltre ci sono anche diversi orientamenti metodologici a cui il kinesiologo fa riferimento: si tratta di ambiti specifici della materia, orientamenti direttamente connessi allo stile operativo, tra i maggiori abbiamo la medicina tradizionale cinese, kinesiologia educativa, touch for health, three in one concepts, craniosacrale, kinesiologia strutturalista, kinesiologia emozionale, kinesiologia odontoiatrica, nutrizione. Come vediamo essere kinesiologi significa possedere un ampio orizzonte di conoscenze, finalizzato allo scopo di perseguire in modo naturale e olistico l’obiettivo comune di ogni professionista: migliorare il benessere psicofisico, strutturando percorsi specifici e personalizzati per la singola persona.
COME LAVORA IL KINESIOLOGO: LA QUESTIONE GNOSEOLOGICA SUL CORPO
Secondo il mio approccio, il fulcro del lavoro kinesiologico è il corpo inteso come “corpo espressivo”: veicolo con cui l’individuo fa esperienza del mondo. Ed è proprio la relazione fra corpo e mondo ad essere il cardine della pratica kinesiologica: ridurre lo stress psicofisico ottimizzando le risorse del corpo, affinché il soggetto possa relazionarsi in armonia col suo mondo. Questo nobile scopo per essere perseguito implica il trattamento di molti malesseri che ne ostacolano il naturale conseguimento: dolori cronici di origine posturale e tensioni muscoloscheletriche riconducibili a problemi come cervicalgia, lombalgia, lombosciatalgia, cefalee muscolotensive, dolori alle articolazioni e agli arti; malesseri correlati allo stress come gastriti, disturbi gastrointestinali, mal di testa, tensione mandibolare, bruxismo, stanchezza, alterazione del tono dell’umore, ansia e/o stress emotivo in generale. Questi sono i più comuni malesseri, posti all’attenzione dei kinesiologi da molte persone.
Allo scopo di comprendere a pieno come il kinesiologo si appresta a conoscere e trattare il corpo, nell’ambito della kinesiologia è necessario distinguere due fattori fondamentali: l’esempio più rappresentativo lo dà la postura. Nel senso comune si presta poca attenzione all’equilibrio posturale, e quando lo si considera la convinzione generale vede il concetto di postura unicamente dal punto di vista bio-meccanico; si pensa all’equilibrio posturale solo come insieme di forze biomeccaniche atte a sostenere l’impalcatura scheletrica, pertanto in questa ottica ogni problema inerente alla postura viene visto come un’alterazione meccanica da aggiustare con interventi altrettanto meccanici: manipolazioni, esercizi posturali, massaggi e via dicendo. Tuttavia, le componenti biomeccaniche della postura sono soltanto un primo fattore, correlato intimamente a un altro più profondo, quello espressivo. L’assetto posturale non ha solo lo scopo di mantenere lo scheletro in posizione corretta vincendo la forza di gravita ma rappresenta soprattutto il nostro modo di essere nel mondo, ovvero l’atteggiamento che abbiamo nello spazio e nel tempo per relazionarci ed esprimerci. Ciò mette in campo due fattori di tensione muscolare correlati: il primo riguarda la componente neurologica biomeccanica e il secondo quella neuropsichica espressiva. Il fattore biomeccanico sta alla base della tensione muscolare, o tono muscolare, necessario per mantenerci correttamente in stazione eretta; mentre quello espressivo riguarda la tensione muscolare che l’individuo stesso manifesta dall’interno in relazione al suo ambiente. Da qui comprendiamo perché molti problemi riconducibili all’equilibrio posturale, come il mal di schiena ad esempio, possano “stranamente” resistere ai trattamenti di stampo esclusivamente biomeccanico: qualcosa ostacola lo stimolo benefico delle manipolazioni o degli esercizi posturali, e questo “qualcosa” riguarda l’atteggiamento posturale espressivo della persona. In questi casi la kinesiologia si rivela molto utile proprio perché lavora direttamente sulle componenti muscolari espressive, aiutando il soggetto a recuperare atteggiamenti espressivi adeguati di risposta muscolare nei confronti delle situazioni mondane. Come spesso dico ai clienti che presentano quadri di questo genere: << i “giochi” non li fai con me quando sei studio, ma quando sei fuori dalla porta dello studio; quando sei con te stesso e ti confronti con le tue situazioni quotidiane da gestire! Per questo motivo il mio lavoro consiste nel migliorare il tuo stato di gestione dello stress psicofisico affinché, fuori dallo studio, tu possa relazionarti meglio con le situazioni che ti causano tensione reattiva e stress.>>
L’IMPORTANZA DELLE RISORSE PSICOFISICHE
Ogni kinesiologo parte dal presupposto che ogni persona possiede le risorse necessarie per gestire le asperità della vita, recuperare il benessere ottimale e autoguarirsi; ma in certi casi queste risorse sono utilizzate male o in modo inadeguato ai contesti di vita, a causa di un eccesso di stress e/o traumi fisici, dolori cronici, difficoltà esistenziali. In questi casi lo stress reale e/o percepito diventa troppo, così i normali processi di recupero corporeo vengono alterati e innescano circoli viziosi di malessere che sfociano in problemi psicofisici eterogenei, tali da compromettere il rapporto armonico della persona con il proprio corpo e le faccende quotidiane. I vissuti emotivi, i traumi fisici, la cronicizzazione delle tensioni posturali e gli ostacoli nella vita che hanno segnato la persona mettono in squilibrio i naturali processi fisiologici di recupero e autoguarigione alterando lo stato di benessere globale; manifestando problematiche psicoemotive, fisiche ed esistenziali che trasformano le risposte allo stress da naturali meccanismi di adattamento psicofisiologico a infausti compagni di vita, persistenti e gravidi di fastidiosi malesseri, a volte gravi problemi psicofisici anche patologici.
Il punto d’osservazione del kinesiologo guarda l’individuo nel suo contesto umano: non come malato o come patologia – non è il mestiere del kinesiologo occuparsi delle patologie – ma bensì come a una persona bisognosa di trovare le risorse necessarie a emanciparsi dalle condizioni stressanti della propria vita; quello stress che spegne l’interesse per le cose del mondo e mette in primo piano un bisogno psicofisico di benessere giustificato da uno stato di malessere. Spesso, proprio il malessere, racchiude il significato che abbiamo perduto verso le cose del mondo, significato che, quando è colto nel suo senso biologico ed espressivo, porta al ritrovamento della strada per il proprio benessere ottimale.
Ci sono momenti della vita in cui si sente il bisogno di ripartire da se stessi. In questi momenti il dolore fisico e la sofferenza esistenziale diventano spiacevoli ma necessari protagonisti della nostra vita. Affrontare questi momenti in modo umano significa mettere tra parentesi il dolore e la sofferenza, prendendo semplicemente atto di questo stato per ac-coglierne il senso, indagandone non solo le cause ma anche i significati nascosti portatori di rimedio. In questo scenario lo scopo del kinesiologo è aiutare la persona a sintonizzare “l’anima” con l’organismo, affinché essa possa tornare ad essere corpo, corpo espressivo vitale e vivente. In sintesi il lavoro del kinesiologo dovrebbe anzi tutto tendere a favorire i processi energetici ed espressivi, necessari al soggetto trattato per riallacciare un nuovo rapporto di interesse con il suo mondo. Il ruolo del kinesiologo, dunque, è accompagnare la persona alla scoperta di un rinnovato livello energetico di esistenza, in cui l’oggetto principale di interesse torni ad essere il mondo, non il corpo e il suo male di vivere. A volte il dolore fisico ed emotivo è relativo alla perdita del significato verso le proprie azioni quotidiane: si fanno le cose ma si è perso il senso del perché le si fanno. Così il corpo, inespresso, grida il suo bisogno di senso espressivo attraverso i sintomi, i dolori e i malesseri. Essi hanno lo scopo di richiamarci all’ordine, di aiutarci a recuperare il senso delle nostre azioni per rimetterci in cammino verso mete significative. In questa prospettiva lo scopo profondo del malessere è offrire significati soggiacenti alla nostra consapevolezza cosciente, grazie al quale possiamo riconfigurare il rapporto fra corpo organico e corpo espressivo. Recuperando il senso autentico delle nostre intenzioni, scelte e azioni.
In questo scenario il corpo possiede le risposte di senso necessarie a comprendere cosa possiamo fare per “esprimere l’inespresso”, manifestato dal corpo stesso sotto forma di sintomi e/o malesseri.
IL KINESIOLOGO COME ALLEATO NELLA SCOPERTA DEL LINGUAGGIO PRERIFLESSIVO DEL CORPO
Ogni kinesiologo aiuta le persone a riscoprire il corpo espressivo e a comprenderne il linguaggio, allo scopo di “srotolare” la matassa di tensioni aggrovigliate dai propri vissuti. Il kinesiologo, assieme alla persona, comprende la natura di ogni tensione facilitandone l’allentamento e la riorganizzazione; risvegliando le risorse necessarie per seguire la direzione organizzata verso cui tendono le tensioni profonde: portatrici di principi di azione e intenzionalità. Quante volte si sente dire da persone che lamentano malesseri, anche importanti: “sono stato in vacanza e non ho avuto alcun fastidio, sono stato bene! Poi, tornato a casa il dolore è ricomparso”. Questo è solo un esempio ma rappresenta bene nell’esperienza vissuta il significato di tensione: si tratta di un nostro prodotto interno che manifesta attraverso il corpo un disagio nei confronti di un contesto, di un’azione che vorremmo fare ma non facciamo, di azioni che facciamo ma non vorremmo fare, delle parole che vorremmo dire ma non diciamo o delle parole che abbiamo detto (o diciamo) ma non avremmo voluto dire (o non vorremmo dire). Questa forma di “autocensura”, sintetizzata nelle dinamiche in cui siamo in un posto ma vorremmo essere altrove oppure facciamo qualcosa ma vorremmo fare altro, genera nel nostro corpo un certo grado di tensione muscolare. Se i muscoli si tendono senza esprimersi in una azione chiara e organizzata, generano quella sensazione fisica più o meno percepita di “nervi tesi”. Di fatto si blocca nei muscoli una “carica energetica” inespressa e, blocca oggi blocca domani, ci si trova con stati di malessere fastidiosi che in prima battuta sono caratterizzati da disturbi a carico del sistema muscoloscheletrico: torcicollo, rigidità nucale, cervicalgia, mal di schiena, dolori articolari e cosi via; nel tempo questo carico di tensione più diventare pervasivo al punto tale di generare danni e stati patologici più o meno chiari.
La natura della tensione psicofisica è preriflessiva, vale dire al di sotto della nostra consapevolezza e cognizione. Si tratta del funzionamento naturale del nostro corpo che esprime in azione ogni pensiero intenzionale senza il bisogno di pensare. In effetti quando agiamo nel modo in modo fluido e spontaneo non abbiamo bisogno di riflettere sulle azioni che il nostro corpo compie per perseguire lo scopo del nostro pensiero: l’azione si genera semplicemente, senza sforzo, perché sappiamo cosa stiamo facendo e c’è perfetta sintonia fra quello che intendiamo fare e l’azione messa in atto per realizzarlo. Infatti, se l’azione parte da pensieri intenzionali organizzati i muscoli fanno il loro lavoro in modo fluido e libero, conducono al meglio la nostra azione secondo il fine preventivamente prefissato nella mente. Ma quando si verifica un certo grado di discrepanza fra ciò che pensiamo e ciò che facciamo, ecco che le tensioni non hanno più il via libera e si accumulano, per cosi dire, nella muscolatura generando una sorta di corto circuito dove la naturale espressione viene sospesa, censurata dalla disorganizzazione fra il pensiero i muscoli e le azioni. Prova riflettere su questo esempio: quando ti cucini un piatto di spaghetti, sai esattamente cosa fare; il senso di fame genera in te il pensiero del cibo, cosi pensi a cosa potresti mangiare; e non appena hai scelto, il piatto di spaghetti, il tuo corpo si mette in moto e risponde in modo fluido e immediato perseguendo lo scopo contenuto nell’immagine del tuo pensiero/idea. Lo fa senza il bisogno di pensare alle azioni e ai gesti necessari, questo perché le azioni sono condotte da un intenzione chiara, nota alla tua esperienza e priva di pensieri parassiti. Ora prova ad immaginare di essere a dieta. Hai fame e il tuo pensiero si sofferma sull’idea di un bel piatto di spaghetti alla carbonara. Così si scatena in te una voglia poderosa di farti questo piatto delizioso, ma… sai che essendo a dieta non potresti mangiarlo. In questa situazione è necessario che tu trovi un accordo organizzato con te stesso altrimenti gli scenari di tensione sono due: ti fai il piatto di carbonara e lo mangi pur sapendo non avresti dovuto; sei dunque proteso in un’azione ma il tuo corpo, non essendo in accordo, tende da un’altra parte. Oppure il secondo scenario è l’opposto, pur restando in conflitto agisci diversamente e ti cucini qualcosa di dietetico. Ma anche in questo caso, se non sei autenticamente in accordo con te stesso, agirai proteso verso un azione ma il tuo corpo tenderà da un’altra parte. In questa dinamica non esiste giusto o sbagliato, quello che conta è il livello di accordo fra il tuo pensiero e le tue azioni.
Ora comprendi cosa significa tensione e il concetto di “il corpo esprime l’inespresso”? Ogni volta che agisci in disaccordo con te stesso il tuo corpo impiega, da una parte, risorse per condurre un’azione mentre dall’altra ne impiega altre per gestire la tensione bloccata dalla censura all’altra azione che vorresti fare. Questo scenario, nel tempo, può manifestarsi con stati psicofisici di disagio e dolore: il corpo, appunto, “esprime l’inespresso”… Il kinesiologo opera per favorire l’organizzazione di questi processi, allentando lo stress eccessivo affinché tu, il tuo corpo, possa esprimere in modo fluido e organizzato pensieri -> intenzioni -> azioni.
Le tensioni dolorose sono il modo con cui il nostro corpo comunica alla nostra consapevolezza le cariche intenzionali censurate, costituite dalla discrepanza fra quello che pensiamo e quello che facciamo.
In conclusione possiamo dire che: il lavoro del kinesiologo consiste nel togliere l’eccesso di tensione e favorire l’ordine percettivo nel corpo. Affinché il dolore e la sofferenza possano ridimensionarsi; allo scopo di migliorare la qualità della vita, delle azioni e delle scelte personali autentiche. Per fare ciò ogni kinesiologo opera principalmente su tre livelli interconnessi: strutturale, metabolico e somatoemotivo.
IN SINTESI
- Strutturale: correzione della postura e delle disarmonie muscolari; allentamento delle tensioni muscolo-scheletriche dolorose.
- Metabolico: miglioramento della risposta fisiologica del sistema nervoso, endocrino e immunitario allo stress.
- Somatoemotivo: rimuovere lo stress emotivo e riconfigurare in meglio la gestione delle risorse del corpo espressivo in risposta agli eventi situazionali.
- Mondo/Ambiente: questo punto ulteriore fa riferimento alla defusione psicoenergetica. Consiste nell’allentamento dello stress abnorme correlato a stati emozionali negativi – come ansia, paura, fobie, fantasie negative – relativi al rapporto inadeguato con il proprio contesto di vita/ambiente: presente passato e prospettico futuro. Lo scopo è favorire la trasformazione delle emozioni negative, correlate ad una particolare situazione, in stati emotivi virtuosi che favoriscano i processi di cambiamento personale, decisionale e di intenzione creativa.
Ecco alcuni obiettivi, fra i più rappresentativi, dell’approccio Kinesiologico NovaTherapy®:
- Creare condizioni favorevoli al recupero psicofisico in un contesto umano di accoglienza, autenticità e rilassamento. Al fine di favorire una dimensione intersoggettiva di scambio fra kinesiologo e utente.
- Migliorare la qualità della vita e le naturali capacità di rilassamento. Potenziando le risorse soggettive di gestione dello stress.
- Attenuare il dolore fisico cronico migliorando la postura e normalizzando la tensione nervosa e muscoloscheletrica.
- Promuovere un livello energetico ottimale del sistema psicofisico favorevole al cambiamento.
- Facilitare l’espressività e la consapevolezza corporea.
- Lavorare sulle risorse necessarie al miglioramento del rapporto con il proprio mondo/ambiente/quotidianità.
- Allentare lo stress emotivo e favorire i processi di auto-osservazione e lavoro su di sé.
- Favorire le risorse di accettazione, disponibilità, volontà, interesse… Intenzionalità e scelte consapevoli.
- Ridurre le tensioni psicofisiche e i meccanismi primari di conflitto e disaccordo con le situazioni.
- Aiutare la persona ad agire consapevolmente, rimuovendo le tensioni che ostacolano i processi di PENSIERO-INTENZIONE-SCELTA-AZIONE.
- Riconciliare la persona al suo corpo espressivo per usarlo come veicolo di azione, sperimentazione ed esperienza del suo mondo.
- Favorire le capacità di stare nel qui e ora, nel proprio corpo, ed essere nel mondo. Padroni del proprio mondo!
PER SAPERNE DI PIÙ SULLA KINESIOLOGIA LEGGI ANCHE:
Articolo di:
Fabio Valenzisi
Bibliografia essenziale:
– D. S. Walters, DC. “Kinesiologia Applicata – Synopsis” (1993); Ed. Castello.
– M. M. Ponty, “Fenomenologia della percezione” (1945-2003); Ed. Bompiani.
– V. Costa, “Psicologia fenomenologica” (2018); Ed. Morcelliana.
– V. Costa, “Husserl” (2009); Carrocci Editore.
– Denise Erbuto, “Riflessioni sull’esperienza della corporeità: tra Leib e Körper” (giugno 2014); Corpo Narrante, Rivista online dell’I.I.F.A.B.
Le informazioni contenute in questo post non sono indicazioni o prescrizioni mediche, hanno il solo scopo di informare. Al fine di agire nel rispetto del proprio corpo e bene farsi seguire da operatori del benessere accreditati e consultare sempre il proprio medico.
Se desideri essere messo in contatto con un medico specializzato in medicina integrata e olistica, uno dei nostri kinesiologi o direttamente con l’autore contattaci, saremo lieti di consigliarti gratuitamente sui professionisti della nostra rete di contatti.