
Tanto si è detto sull’importanza della dimensione femminile, così tanto da eccedere nella quantità di attenzione che, soprattutto le donne, dedicano a questa importante dimensione interiore. Ma si sa, gli eccessi turbano gli equilibri naturali delle cose, così la troppa attenzione per la dimensione femminile ha messo da parte l’importanza di quella maschile. Ciò, in perfetto accordo col gioco subdolo del padre assente, ha messo in secondo piano come quasi non esistesse l’altra dimensione interiore, quella Maschile; necessaria per unire il maschile al femminile – o il femminile al maschile – dentro di noi. Solo abbracciando autenticamente anche questa dimensione interiore è possibile generare quell’equilibrio naturale degli opposti, la coniunctio oppositorum alchemica che fa sbocciare l’Essere Umano autentico: Uomo e Donna integri forti, radicati e potenti in tutto il loro splendore.
“Nell’assenza hai fatto danni”, così una donna mi racconta il suo sentire nei confronti di un padre assente come tanti. Nell’assenza immaginiamo fortemente. Qualsiasi cosa è meglio del nulla, del vuoto e del silenzio. Un padre assente è perfetto: lo immaginiamo esattamente come la fantasia di un figlio vorrebbe. Forte, che protegge, che ama, incondizionatamente. Un padre buono e giusto; saggio e quieto.
Un padre che, se siamo abbastanza come figli, ci darà tutta l’attenzione e l’amore di cui è capace. Un padre che, se non c’è, è perché ha un motivo più che valido, come un lavoro che ci sfama. Il bisogno di un padre, o di una divinità che ci protegga e salvi, che ci ami, è talmente forte da risvegliare in noi la magia. Come nelle favole, prendiamo quella fantasia costruita a sua immagine e somiglianza, la frantumiamo in mille pezzi che, come polvere si depositerà tra noi e tutte le nostre future relazioni. In ogni uomo che incontrerò nella mia via, cercherò e inevitabilmente troverò quel padre assente che mi nega tutto, e se solo potesse mi amerebbe con tutto sé stesso. Resterò per sempre lì ad aspettare, incastrata nel mio incantesimo, che l’assenza si
trasformi in altro.
LA MAGIA DELLA DONNA: UNIRE IL MASCHILE AL FEMMINILE
Che le donne siano magiche lo si sa da tempo. Ci hanno stuprate, bruciate, ingabbiate, forse stancate al punto che oggi, tante, sono arrabbiate. Ci sono donne che fanno paura agli uomini, stupiti e impegnati nel loro ruolo di compagni, incapaci di comprendere tanta ira. “Sono tutti uguali” è la frase della donna che ha smesso di aspettare il Principe Azzurro, è diventata il drago pronta ad uccidere chiunque le si avvicini. Per chi vuole approfondire suggerisco la lettura delle favole iniziatiche ed i libri di Mirella Santamato.
L’assenza di un padre che dimentica di amare, trasforma la più incantevole delle creature in un mostro sofferente ma spietato. Urlerà e darà fuoco finché non avrà udienza. E non avrà udienza! Perché il male esiste e prende tante forme. Riconoscerlo fa parte del Risveglio. Pregare e sprecare la nostra fede al cospetto di un padre assente non farà che confermare il non essere abbastanza. Nessuno fa magie quand’è convinto di non essere abbastanza. Capito il trucco? L’assenza del padre ed i suoi effetti, sono ben visibili anche su scala sociale. Usando la metafora del frattale, ciò che si osserva nella cellula della società – nell’individuo – si replica anche su larga scala: un padre assente è come un governo che per tanto tempo non ha fatto ciò che ci aspettavamo, ma noi perseveriamo nell’attesa perché un padre, per forza deve essere buono e pensare al nostro bene. Inconcepibile che oltre ad essere assente sia pure cattivo. Impensabile che dopo aver aspettato così tanto, sperato così intensamente si manifestasse, ora che lo fa, è peggio della suo essere assente. Eppure il male esiste e ha infinite forme. Vogliamo farci i conti? Varrebbe la pena di riprendere in mano La banalità del male di Hannah Arendt, il diario dell’autrice scritto durante il processo al gerarca nazista Eichmann. Se la legge non ammette ignoranza, direi che la vita non ammette inconsapevolezza, ignorare il male nelle sue molteplici forme più subdole mi pare, a questo punto della nostra storia, sia un comportamento alquanto infantile.
IL PATRIARCATO SOCIALE
Il matematico Benoit Mandelbrot fu il primo a chiedersi se l’Universo fosse un frattale, osservando i sistemi sociali ed il modo in cui certe dinamiche si ripetono e propagano si comprende la sua intuizione anche senza addentrarsi in formule matematiche. Viviamo in un sistema sociale gerarchico, altrimenti detto patriarcato, da millenni e diamo per certo non ci siano alternative. Perché siamo ottenebrati. Il patriarcato nasce e si consolida ogni giorno, nello spazio della relazione tra un padre e i suoi figli. Basterebbe i figli diventassero adulti, facessero quel passaggio che in alcune culture è ritualizzato, mentre nella nostra civiltà “avanzata” restiamo, al massimo, adolescenti per sempre. Diventare adulti significa guardare dritto negli occhi chi un tempo era più in alto di noi. Diventare adulti significa assumersi la responsabilità per la propria vita e le proprie scelte. Significa essere pronti ad esercitare la libertà. Aver superato l’ancestrale paura della solitudine. Su scala sociale, nel mondo “civilizzato” i popoli sono dei poppanti che si fanno rimpinzare di cibo spazzatura, farebbero di tutto pur di evitare il dolore e la fatica; hanno dimenticato che cosa sia la vita fatta di scelte – abbiamo app di ogni genere che scelgono al posto nostro – su scala sociale accettiamo le cure di un governo che dopo averci sfruttato per costruire la sua grandezza, ci maltratta per il nostro bene. La violenza è violenza, in ogni sua forma: non esiste violenza per il bene.
Il patriarcato, la gerarchia, compaiono in maniera sistematica attorno al 3300 a. C. in Mesopotamia. E prima? Prima non c’erano le guerre per esempio. Per chi vuole approfondire suggerisco Marija Gimbutas, archeologa e linguista lituana. Lentamente e inesorabilmente abbiamo consentito e dato forma a questa società piramidale in cui qualcuno vale più di qualcun altro, in cui il mio valore dipende da qualcuno che me lo riconosce. È semplice, nasci e vali se qualcuno riconosce il tuo valore. In pratica siamo merce. La madre, la donna, incredibilmente, vale meno da allora. In cambio di cosa abbiamo accettato di dover alzare lo sguardo per rivolgerci all’uomo? Com’è potuto accadere? È plausibile pensare che abbiamo sacrificato la nostra integrità, il nostro valore e la nostra magia, per cosa? In questo tempo così intenso siamo testimoni di come il cambiamento sia frutto di scelte, a volte scelte obbligate che sono obbligate solo nel modo di essere pensate. Ci sono obblighi e aspetti della realtà così profondamente radicati da risultare granitici e indiscutibili. Come il lavoro. Guai a mettere in discussione il lavoro così come concepito dalla nostra società.
Mi dispiace ammetterlo ma, per come la vedo io, abbiamo dato il nostro consenso all’instaurarsi della gerarchia ed è ora di assumerci le nostre responsabilità. Il male esiste, fa parte di questo viaggio chiamato vita, va riconosciuto e affrontato. Altrimenti vige il silenzio assenso. Ma cosa accade quando il male insiste, permane a distruggere e devastare tutto ciò che c’è di buono? Qui sostengo che va fermato. Basta un NO, grazie. Ci aggiungo un “vai a quel paese”.
LE COLPE DEL PADRE
No grazie al padre assente che si può smettere di santificare e trasformare in altro, sprecando magia pur di non fare i conti con ciò che è. I genitori cattivi esistono. Sulle madri cattive, per quanto l’argomento sia spinoso, si è scritto e argomentato ma il padre, quando non brutalmente violento, viene sistematicamente salvaguardato dalla nostra capacità di riempire i vuoti. Qui sostengo che il padre assente è subdolo nel suo ferire quando sceglie di essere assente, per codardia, pigrizia, ignavia. Qui sostengo che la responsabilità per le proprie scelte è sacra. Ed è tempo di prestare più attenzione.
È sempre facile arrabbiarsi con la mamma, ma il padre, di solito, è tutelato e protetto con maggior generosità. La psicologia ne sa qualcosa: per troppi anni, quante colpe sono state attribuite alle mamme? E i padri? Loro erano assenti e nelle loro mancanze c’è tutto lo spazio per renderli perfetti, se solo ne avessero avuto l’occasione, se solo non avesse dovuto lavorare così tanto… Omettiamo ostinatamente di ricordare che quei padri hanno scelto di essere assenti. Esattamente come in questo tempo invece, tanti padri, scelgono di mettere in discussione il dogma del lavoro per essere presenti. Quanto coraggio dimostrano quei padri! Il dramma sta in ciò che accade dopo. Ho conosciuto tanti padri, di buona volontà, che si scontrano con donne accecate dall’ira verso l’uomo in generale. Tutta colpa del padre assente. Dell’incantesimo che ci impedisce di vedere oltre la rabbia che ci anima. Oltre l’ira per essere state dimenticate e messe da parte ci sono uomini meravigliosi che farebbero di tutto pur di raggiungere il nostro cuore ferito. Vittime della nostra stessa magia non riusciamo a vederli. Semplifico, lo so. Passo dall’individuale al sociale, dall’odierno a millenni fa. Tuttavia credo sia davvero importante ciò che ho da dire perché uomo e donna si fanno la guerra da millenni e questo è il tempo in cui possiamo smettere.
“FATE L’AMORE E NON LA GUERRA”
La guerra non si vince, la guerra si cessa. Per iniziare a fare altro. Fate l’amore non fate la guerra: ci hanno provato anni fa, poi questo slogan è diventato tale e ci siamo distratti di nuovo. L’opulenza ci ha comprati e abbiamo regalato tutto in cambio di un’illusione di protezione e sicurezza. Quanta paura abbiamo di vivere liberi? L’assenza del padre, di quest’uomo che ci ha trascurati, non visti, odiati, ha avvelenato la nostra capacità di metterci in relazione coi nostri simili. Il patriarcato, la gerarchia, hanno depredato uomini e donne indistintamente. Noi donne però portiamo addosso ferite più profonde, siamo più arrabbiate e più pericolose, ecco perché è nostra responsabilità farci sentire. Parlate donne, parlate col cuore ai vostri uomini e se vi sembra di essere in uno schema che si ripete sempre allo stesso modo, uno schema per cui sentite di non essere mai abbastanza, una ruota per cui vi si chiede di accontentarvi ma proprio non riuscite… ricordate di quale magia siete capaci, ricordate che l’assenza è una scelta che fa male ed è solo nostra responsabilità rimanere ad aspettare qualcosa che mai arriverà. Siamo costantemente alle prese col fantasma che non si manifesta e non riusciamo ad avvicinarci al compagno che abbiamo accanto. Il risveglio parte dalla coppia e si allarga a macchia d’olio.
Mi correggo: il risveglio parte dall’individuo che riconosce il suo valore autonomamente, nello spazio della solitudine che tanto terrorizza. Lì, in quel luogo oscuro e tremendamente autentico.
“Mi oppongo alla violenza perché quando sembra produrre il bene, è un bene temporaneo; mentre il male che fa è permanente.” Parole di Gandhi, un Uomo. Opporsi alla violenza è una scelta necessaria. Opporsi a chi sistematicamente ci ferisce e annichilisce è un atto di amore necessario alla vita. Perché in tempi remoti le donne abbiano permesso lo scempio di una gerarchia è una domanda che mi attanaglia e toglie il sonno. Tuttavia, vivo in un tempo in cui vedo lo sbocciare di un cambiamento di proporzioni inimmaginabili. Continuare a pregare ed aspettare un padre assente non è forse da sciocchi? È come stare ad aspettare un treno per tutta la vita. A che punto è legittimo andare per la propria strada rinunciando per sempre alla possibilità di vederlo arrivare? Nel momento esatto in cui ti rendi conto che, probabilmente, quel treno non arriva per scelta. Per scelta, mai ti farà sapere della sua decisione. Perché preferisce così. Perché tu vali talmente nulla da non meritare nemmeno quella considerazione. A questo bisogna opporsi, sollevarsi, e riaffermare il proprio valore. Come individuo e come cittadino, ma soprattutto come la meraviglia del creato che siamo. Se non ci riprendiamo la capacità di riconoscere il nostro valore continueremo ad avvalorare il patriarcato, aspettando un treno che non arriverà. Quanta vita e magia avremmo da vivere e realizzare se solo smettessimo di aspettare? Affermare le proprie intenzioni è importante soprattutto di questi tempi. Il silenzio è l’arma più potente che io conosca, tacere è peggio che alzar la voce. Tacere è da viscidi vigliacchi, è un colpo sparato alle spalle, è farsi forti della forza di chi hai di fronte. Io taccio, tu ci metti la tua fantasia e immaginazione. Finché un padre non si manifesta in tutta la sua cattiveria, un figlio assumerà sempre che il padre sia buono. Ecco perché preferisco un padre che mena ad uno che odia, trascura e sfrutta.
Anche lo stato è un patriarca, che maltratta, trascura e violenta i suoi bambini, tutti. È un patriarca cattivo e spietato che va riconosciuto e fermato. Con intenzione e amore si, ma per se stessi. Si parte da lì, necessariamente da lì. E sì, siamo soli, in principio. Ma poi arriva il bello. Sciolto l’incantesimo, si trova l’amore che abbiamo sempre sospettato esistesse.
Il mio compagno
“Ti maledico
La sacra vita hai profanato
Hai osato!
Ti strappo via la magica camicia
Non ti sentirai più protetto
Privilegi, trucco e parrucco, digli pure addio.
Ti rendo inerme, verme.
Sei tu, l’ignavo che non merita di strisciare qui,
su questo suolo.
Dico, nomino il tuo Male, ch’è quello che ti spetta.
Hai pasteggiato, rubato nettare che mai,
mai meriterai.
Osa guardarmi.
Se ti azzardi, in pietra di nulla tu possa trasformarti, verme.
Ti restituisco la maledizione d’Ira
Ti seppellisco e condanno
A contorcerti
Senza tempo
Senza spazio
Bloccato nel nulla da cui sei arrivato.
Tu, colpevole, hai ignorato, denigrato
Lilith, per un’Eva stupida e serva,
Tu, che annulli Gioia e Bellezza
Non hai diritto alcuno
Tu, sei stato l’Ultimo che ho reso Primo,
Ci hai sputato sopra
Ignobile, bastardo senza padre e coraggio
Non meriti nemmeno una madre
Tu, e il tuo viscido schifoso abito
Avete ingannato, celato, distratto e sciupato.
AVETE FINITO!!!
Adesso ho capito.
Con un sospiro ti spengo
Con uno sguardo ti anniento.
Risorgo, spiego le ali,
cerco
e trovo il mio compagno…
Antonia Dimovska
Articolo di:
Antonia Dimovska
Bibliografia essenziale:
– Mirella Santamato, “Le fiabe iniziatiche”; Lux-Co Éditions.
– Marija Gimbutas, “Il linguaggio della dea”; Ed. Venexia.
– Hanna Arendt, “La banalità del male”; Ed. Feltrinelli.
Le informazioni contenute in questo post non sono indicazioni o prescrizioni mediche, hanno il solo scopo di informare. Al fine di agire nel rispetto del proprio corpo e bene farsi seguire da operatori del benessere accreditati e consultare sempre il proprio medico.
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