
Questo articolo prosegue l’approfondimento della tematica sul test muscolare kinesiologico, illustrata nell’articolo precedente: [“IL TEST MUSCOLARE KINESIOLOGICO”].
Nella prima parte ho sfatato alcuni miti sul test kinesiologico, allo scopo di mettere in chiaro i fattori necessari da adottare per applicare questo metodo in modo adeguato, e sopratutto porre l’accento sulle conoscenze indispensabili alla corretta applicazione del test.
Ora proseguiamo ampliando la tematica in questione attraverso l’analisi delle dinamiche particolari del test kinesiologico citate alla fine del post precedente.
Abbiamo lasciato aperta la questione sulle risposte particolari del corpo al test kinesiologico relative ai pensieri, i ricordi, le emozioni, i processi cognitivi e il vissuto personale; lasciando in sospeso le incognite e le ipotesi che pone la dimensione interiore dell’individuo sul modo di effettuare il test kinesiologico e sulla sola spiegazione del suo funzionamento in termini neurofisiologici e organici, mettendo in evidenza le due prospettive maggiormente assunte dagli studiosi di kinesiologia riguardo al funzionamento del test kinesiologico: alcuni riferiscono che il test muscolare kinesiologico non può e non deve essere contaminato dal sistema cognitivo; altri invece sono convinti che il coinvolgimento del sistema cognitivo, inteso come insieme del vissuto interiore del soggetto, sia inevitabile.
Perciò ora, continuiamo a sviscerare la nostra tematica analizzando il test muscolare kinesiologico da una prospettiva inconsueta per la materia, attingendo all’orientamento fenomenologico e dal suo linguaggio al fine di porre alcune ipotesi plausibili sulla dimensione corporea con cui si interagisce quando si applica il test muscolare kinesiologico.
IL TEST MUSCOLARE KINESIOLOGICO COME “STRUMENTO DI INDAGINE FENOMENOLOGICA”
In molti anni di studio e ricerca nel campo kinesiologico sono giunto a diverse ipotesi sulla questione, arrivando a considerare il test muscolare kinesiologico come un linguaggio vivo del corpo inteso principalmente come “corpo espressivo”: l’espressione vitale dell’integrazione fra corpo organico e corpo vissuto/vivente/vitale.
Per chiarire questa posizione è necessario fare prima qualche accenno fenomenologico. Fu Husserl, padre della fenomenologia, a distinguere fra corpo vissuto – mondano – e corpo anatomico – organismo –, in tedesco Leib e Körper. Questa distinzione descrive due diverse manifestazioni corporee – della corporeità –, ed è un errore considerarle come istanze contrapposte, rischiando di cadere nella dicotomia dualistica cartesiana. Si tratta della distinzione fondamentale del rapporto percettivo dinamico fra “l’avere un corpo” e “essere corpo”, due polarità percettive interdipendenti, il cui equilibrio dinamico determina il grado personale di capacità autoriflessiva e può essere considerato il presupposto fondamentale, perseguito nel lavoro del kinesiologo, dello stato di salute e benessere soggettivo ottimale.
Il Körper costituisce l’obiettivazione oggettiva del corpo in quanto “cosa”: quando per esempio ci riferiamo al corpo degli altri tralasciando ogni senso personale soggettivo; ad esempio, è il modo in cui il chirurgo o lo scienziato considerano il corpo, come un oggetto fra gli oggetti da studiare, analizzare, misurare. Husserl utilizza il nome Körper per definire il “corpo-oggetto”, il corpo in quanto rappresentazione: è il corpo che risponde a certe misure, occupa un certo spazio, può essere misurato, analizzato e frammentato in tante parti isolate. Ma è anche il corpo esperito come oggetto estraneo: quando ci si guarda allo specchio, ne tocchiamo una parte, quasi come fosse il corpo di un altro. Quest’ultimo concetto è un passo importante da sapere per il kinesiologo, perché è il rapporto che la maggior parte delle persone instaura con il proprio corpo quando vive stati di malessere, dolori o disagi: il dolore crea automaticamente un certo grado di scissione con la zona sofferente, ciò induce la persona a vivere la zona esposta come una parte estranea da rimettere al proprio posto, si tratta di un “meccanismo” spontaneo, naturale; che se protratto all’estremo comporta squilibri, anche importanti.
A mio avviso, ritengo ragionevole pensare che tale scissione raggiunga livelli diversi di importanza in relazione alla gravità di un problema: lieve per una tensione dolorosa e/o disfunzione/disorganizzazione somato-emotiva; fino ad arrivare a scissioni importanti, più nette, come nel caso di gravi malattie fisiche e/o mentali.
Husserl chiama Leib il corpo dell’esperienza vissuta – corpo vissuto. Si riferisce alla condizione in cui siamo corpo: il corpo che siamo e per cui siamo al mondo.
Si tratta del corpo-vivente, il corpo vissuto come proprio e non come mero oggetto. È il corpo inteso nella sua globalità, vitale ed espressivo e non ridotto alle sue singole parti. Questa dimensione percettiva non si riferisce “all’avere un corpo”, il “corpo che ho” – Körper –; ma bensì “all’Essere Corpo”, il corpo che “Io sono”, questo è il Leib. In tal senso il corpo è: “unità vissuta di percezione e movimento”; Merleau-Ponty spiega chiaramente il significato di movimento relativo al corpo-vissuto: “movimento differente da quello delle cose, perché loro sono mosse, mentre io mi muovo”.
Il corpo vissuto come unità di percezione e movimento, fa notare Husserl, diventa “l’organo” di cui disponiamo per agire nel mondo percettivo. Husserl mette in evidenza come questo agire nel mondo percettivo si esercita direttamente anche sul corpo: io posso percepire una mano per mezzo dell’altra, un mio occhio per mezzo della mano…
In sintesi, io sono corpo, “organo” espressivo di azione nel mio mondo ma allo stesso tempo sono anche “oggetto”: l’essere umano è Leib sempre sul punto di passare a Körper, sono corpo-vissuto sempre sul punto di passare a corpo-oggetto, e viceversa. È l’oscillazione percettiva dello stato vitale naturale dell’essere umano che fa esperienza del suo mondo, allo stesso tempo soggetto nel mondo e oggetto del mondo.
IL TEST MUSCOLARE KINESIOLOGICO COME MEDIATORE NARRATIVO DELLA STORIA DEL VISSUTO
Il corpo-oggetto può essere analizzato, studiato e misurato senza poter tenere conto della sua storia, ma le cose cambiano quando si considera il corpo-vissuto: non è possibile percepirlo senza comprendere allo stesso tempo la sua storia. Nel corpo-vissuto sono impresse le esperienze, le sofferenze, le angosce, le gioie e le possibilità della condizione umana dell’individuo sano o malato. Da qui nascono i primi interrogativi relativi alla questione sul test muscolare kinesiologico: quando si effettua un test kinesiologico è veramente possibile prescindere dalla storia personale del soggetto, visto che il test viene eseguito proprio contattando il corpo del soggetto stesso, storico e vivente? È possibile isolare un muscolo sottoposto a test kinesiologico dalla storia del soggetto che riceve il test, pretendendo esiti esclusivamente strutturali/organici oggettivi, isolati dal vissuto personale del soggetto? E infine, è possibile prescindere dalla relazione operatore-utente, dall’incontro sensibile delle storie personali del soggetto operatore e del soggetto “operato”?
Per quanto l’azione del test muscolare kinesiologico appaia meccanica, “facilmente oggettivabile” e riducibile esclusivamente alla funzione neurofisiologica, è assai improbabile che il test muscolare kinesiologico, nella sua prassi “clinica”, possa essere isolato dalla storicità del vissuto personale del soggetto. L’esecuzione del test kinesiologico è più una danza percettiva che un’esecuzione tecnica biomeccanica, dove la storicità dei soggetti entra inevitabilmente in gioco e si incontra; in primis la storia personale del soggetto trattato, che influenzerà sempre il test a prescindere dalla bravura del kinesiologo di assumere un atteggiamento il più distaccato possibile durante l’esecuzione. Tuttavia è possibile, fino a un certo punto, selezionare, da parte dell’operatore, il livello di indagine del test kinesiologico. Il kinesiologo può scegliere di orientarsi il più possibile sul corpo-oggetto, l’organismo: in questo caso dalle risposte muscolari si terrà più conto delle implicazioni neurologiche, fisiologiche e biomeccaniche; oppure può scegliere di spostare l’attenzione verso il corpo-vissuto, considerando nelle risposte muscolari le implicazioni espressive della storia personale, della cognizione e dell’emotività vissuta del soggetto, mettendo da parte gli aspetti psicofisici organici. Tale “selezione” può avvenire solo da parte del kinesiologo (in accordo intersoggettivo con l’Altro), focalizzando la sua attenzione su un livello di lavoro o sull’altro ma sempre seguendo le priorità espresse dal Corpo Vitale del soggetto: l’unità di percezione e movimento costituita dall’integrazione più o meno fluida di Corpo Vissuto e Corpo oggetto. Per questo è necessario tenere ben presente il fatto che: col test kinesiologico non si potrà mai isolare in modo netto il Körper dal Leib; essi sono parte integrante della natura percettiva dell’essere umano che si manifesta, prima di tutto, come Corpo Vitale.
Nel contesto operativo kinesiologico (ben diverso, per esempio, dal contesto di un intervento chirurgico dove il corpo per forza di cose è oggetto rispetto al chirurgo) possiamo assistere nell’Altro, all’oscillazione dinamica dell’unità vissuta di percezione e movimento fra corpo-oggetto e corpo-vitale/vissuto; ed questa la dimensione fondamentale su cui opera il kinesiologo.
Il test kinesiologico si riferisce proprio a questa oscillazione dinamica, ed è questa la sua peculiarità: il kinesiologo deve essere consapevole di ciò e conoscere le implicazioni fenomenologiche del suo metodo, qui descritte. E interagire con il soggetto affinché si instauri un rapporto intersoggettivo, necessario per contattare tale oscillazione e comprendere il suo grado di fluidità; si tratta di instaurare uno scambio di significato chiaro per entrambi che tenga conto dell’obiettivo del soggetto e delle priorità riferite dal suo corpo. Il compito del kinesiologo sarà dunque effettuare i test allo scopo di ottenere indicazioni mediate dalla dimensione preriflessiva e vissuta del soggetto, allo scopo di cogliere il livello di fluidità dinamica dell’oscillazione e gli eventuali squilibri che la ostacolano. Il kinesiologo è di fatto “un mediatore espressivo” al servizio della persona.
IL TEST KINESIOLOGICO COME METODO PER SONDARE, RISTABILIRE E MANTENERE LA TENSIONE FLUIDA FRA LEIB E KÖRPER
Molti malesseri possono essere ricondotti all’incapacità del soggetto di mantenere la tensione fluida e dinamica fra le due prospettive dell’essere corpo/avere un corpo.
Ogni kinesiologo, durante l’esecuzione di un test muscolare deve essere consapevole dell’oscillazione del corpo fra le due diverse declinazioni del vissuto, e saper interagire in modo adeguato con tale oscillazione, riconoscendone le sfumature, gli squilibri e le priorità.
Ora sappiamo che: il nostro corpo oscilla fra le due diverse modalità del vissuto, senza mai essere del tutto l’uno o l’altro: il corpo oggetto, “che ho” – Körper – ed il corpo soggetto, “che sono” – Leib –. Si tratta di una caratteristica naturale dell’essere umano: la capacità percettiva di vivere sé stesso come soggetto e allo stesso tempo di riflettere su sé stesso come oggetto, mantenendo una tensione fluida fra queste due modalità percettive. L’equilibrio di questa oscillazione fluida determina la capacità autoriflessiva dell’individuo e di conseguenza il suo livello di benessere soggettivo. Pertanto, lo scopo principale del kinesiologo che usa adeguatamente il test muscolare è quello di interagire con l’oscillazione del vissuto percettivo del soggetto; comprendere quali alterazioni ci sono in questa oscillazione e favorire l’equilibrio percettivo soggetto-oggetto attraverso procedure adeguate. In modo che il corpo possa essere facilitato a ripristinare il suo stato naturale di unità di percezione e movimento: l’equilibrio dinamico oscillatorio fra corpo-organico e corpo-vissuto, quello che per noi kinesiologi si sintetizza nel concetto di “consapevolezza corporea”. Per fare ciò il kinesiologo opera con il test muscolare e interagisce con l’unità percettiva del soggetto attraverso il movimento selettivo dei muscoli sottoposti al test; orienterà l’attenzione sul corpo-oggetto o corpo-soggetto prima di tutto in base alle indicazioni proprie date dal corpo dell’Altro, emerse dall’espressività dinamica e preriflessiva data dall’interazione kinesiologica dei test muscolari. In tal senso è possibile concepire una kinesiologia “pura”, dove il kinesiologo evita di orientarsi a priori esclusivamente sul livello organico o mentale, ma mette fra parentesi ogni rappresentazione teorica e preconcetto tecnico condizionato anche dai “sintomi” del soggetto trattato, per aprirsi al dialogo espressivo con l’unità di percezione e movimento: il corpo espressivo. In parole semplici, seguire le indicazioni date dal corpo espressivo nelle risposte ai test kinesiologici, senza metterci del proprio; cosa apparentemente semplice ma in realtà molto difficile. Possiamo dire che la difficoltà “ancestrale” nell’applicazione del test kinesiologico sta proprio nella capacità di mantenere una posizione neutra verso le risposte muscolari dei test, senza alterarle o anticiparle con preconcetti personali coscienti o sub-coscienti.
Da questa analisi traspare il fatto di come il test kinesiologico sia più un’interazione dinamica con l’espressione dell’unità fluida di corpo-oggetto e corpo-soggetto, intesa come “corpo espressivo”; e non solo una prova meccanica di indagine dell’organismo psicofisico neurofisiologico/strutturale; o solamente dei contenuti psicoemozionali e mentali; e ancor di meno, solo della dimensione energetico/spirituale come alcuni intendono.
Il test kinesiologico è un dialogo preriflessivo “intersomatico intersoggettivo” fra il kinesiologo e l’utente, dove l’esperienza sensibile del kinesiologo, maturata in anni di pratica, incontra gentilmente la dimensione vissuta dell’Altro all’interno di un [epoché]. Aprendo così una danza espressiva di dialogo mediata dal tocco, dalla sensibilità dell’operatore e dall’espressività vissuta e vitale del corpo proprio, libera da ogni rappresentazione astratta e giudizio.
Come vediamo per eseguire il test kinesiologico è necessario possedere non solo la competenza tecnica sviluppata con anni di formazione e di pratica; ma assieme a tale competenza è fondamentale maturare l’adeguata sensibilità manuale e la capacità di “annullare” sé stessi durante l’esecuzione di ogni test, fare epoché: cioè mettere fra parentesi ogni preconcetto tecnico e personale, aspettativa o giudizio e rappresentazione teorica, per aprirsi unicamente alla dimensione soggettiva del corpo espressivo dell’Altro. Ciò significa anche, imparare a mettere da parte timori e aspettative sull’esito di ogni singolo test e ovviamente evitare ogni atteggiamento manipolatorio consapevole o inconsapevole e questo si può imparare solo con anni di esperienza.
In estrema sintesi: eseguire adeguatamente il test kinesiologico significa mettere da parte ogni “presunzione di sapere”, seguendo prima di tutto la saggezza innata del corpo espressivo, con umiltà e rispetto per l’insondabile soggettività dell’Altro. Significa imparare a “farsi vuoti”… Mediatori dell’espressività e dell’inespressività dell’Altro.
In questo modo il kinesiologo, dopo anni di pratica professionale, può scoprire con saggia meraviglia di essere un “eterno principiante” alla scoperta di universi in costante mutamento. Universi vitali fatti di materia vivente incarnata: le persone, uniche e irripetibili; sempre diverse, dove ogni esperienza è impressa in modo indelebile nel corpo-vissuto/vivente/vitale che va a costituire l’unità e l’unicità espressiva di benessere e/o sofferenza.
Così, il kinesiologo raggiunge la profonda consapevolezza che l’Altro, nella sua intima essenza, è un mistero insondabile; e il suo lavoro può svolgersi solo come accompagnatore, verso la soglia inaccessibile della coscienza dell’Altro: aiutandolo a dipanare e dar senso alla matassa di tensioni che lo separano dalla fluidità espressiva armonica fra corpo-oggetto e corpo-soggetto, l’equilibrio integrato della natura espressiva di ogni individuo che, senza dire una parola, può liberamente esprimere sé stesso nella menzogna e nella verità.
Attraverso il test kinesiologico il corpo espressivo esprime l’inespresso inciso nella sua carne. Ma affinché possa manifestare la “verità” occorre che fra il kinesiologo e la persona trattata – l’Altro – si instauri un rapporto intersoggettivo autentico, uno scambio profondo di senso su cui fondare un dialogo di fiducia reciproca, fuori da giudizi e preconcetti. Solo così è possibile conciliare il dialogo verbale a quello espressivo somatico, lasciando che la verità inespressa racchiusa sotto forma di tensioni, dolori, morse e disagi, si dischiuda; trasformando la sofferenza in consapevolezza vissuta e ogni tensione in protensione intenzionale chiara verso rinnovati orizzonti di significato, accessibili solo al soggetto: il nostro lavoro come kinesiologi consiste nel favorire all’Altro le risorse necessarie per scoprire questi suoi orizzonti di senso celati dalle tensioni inespresse. Intenzioni soggiacenti bloccate nel corpo sotto forma di tensioni: azioni inespresse, che troppo spesso costituiscono la radice del nostro malessere.
Pertanto, il kinesiologo assiste il soggetto nella scoperta delle verità intenzionali celate nelle tensioni inespresse nel corpo, inteso come Corpo Vissuto; e lo fa con la stessa disposizione d’animo del fioraio che assiste allo sbocciare del fiore come uno spettatore presente, dedicando tempo e attenzioni, favorendo la disponibilità delle risorse necessarie alla sua crescita, senza forzare la natura espressiva e vitale del fiore. Che nel nostro contesto è la natura espressiva e vitale dell’Altro.
In conclusione:
Il test muscolare kinesiologico è il mezzo coi cui è possibile accedere alla dimensione interiore incarnata e nascosta dell’Altro, non si tratta di una prova di forza biomeccanica ma di un sistema di accesso al linguaggio vitale preriflessivo del corpo-vissuto: un linguaggio costituito dall’espressione/inespressione muscolare intenzionale, caratterizzata dal nostro modo di agire nel mondo al di là di ogni parola.
Quando la fluidità intenzionale si ferma o rallenta a causa di stress, traumi, convinzioni limitanti, comportamenti disarmonici o semplicemente per la mancanza di obiettivi e prospettive chiare; il kinesiologo con l’arte del test muscolare può aiutare l’Altro a ristabilire il contatto con la dimensione Vissuta e Vitale del Corpo, liberando i blocchi espressivi – affinché possano esprimersi con equilibrio -; favorendo l’integrazione armonica e la naturale fluidità di Leib e Körper, facilitando l’espressività della persona nel suo mondo. Aprendo nuovi orizzonti di prospettive intenzionali verso azioni concrete, obiettivi chiari e scopi rinnovati.
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Articolo di:
Fabio Valenzisi
Bibliografia essenziale:
– D. S. Walters, D.C., “Kinesiologia Applicata – Synopsis” (1993); Ed. Castello.
– G. Pagliaro, “Kinesiologia applicata, teoria e pratica” (2016); Ed. Tecniche nuove.
– M. M. Ponty, “Fenomenologia della percezione” (1945-2003); Ed. Bompiani.
– E. Husserl “La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale” (1954); Ed. Il Saggiatore.
– E. Husserl, “Meditazioni cartesiane e lezioni parigine” (2017); Ed. La scuola.
– V. Costa, “Psicologia fenomenologica” (2018); Ed. Morcelliana.
– F. Della Gatta – G. Salerno, “La mente dal corpo” (2018); Ed. In.edit.
– Denise Erbuto, “Riflessioni sull’esperienza della corporeità: tra Leib e Körper” (giugno 2014); Corpo Narrante, Rivista online dell’I.I.F.A.B.
Le informazioni contenute in questo post non sono indicazioni o prescrizioni mediche, hanno il solo scopo di informare. Al fine di agire nel rispetto del proprio corpo e bene farsi seguire da operatori del benessere accreditati e consultare sempre il proprio medico.
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