
In questi giorni di ferma obbligatoria, a tutela della salute pubblica, il lavoro con le persone è sospeso e pertanto aumenta lo studio, l’attività di scrittura e le videoconferenze. Ed è proposito all’ultima videoconferenza che nasce la motivazione di scrivere questo post, sulla distinzione fra Kinesiologia e Chinesiologia.
Durante l’incontro virtuale zoom, avuto con gli amministratori responsabili dell’ente ASI settore DBN-DOS, assieme ai miei colleghi fondatori dell’associazione di professionisti kinesia – nuovo registro che si prefigge l’obbiettivo di unire tutti i kinesiologi professionisti di ogni scuola e orientamento metodologico –, fra le numerose prospettive di riconoscimento della nostra amata kinesiologia sono emersi anche molti cavilli curiosi di origine politica, e non solo. Fra i quali mi ha colpito la diatriba ormai ventennale fra CHinesiologi e Kinesiologi; già la conoscevo ma la spiegazione del responsabile nazionale di settore DBN-DOS (discipline bionaturali e discipline olistiche per la salute) che ha rapporti con le istituzioni politiche e amministrative, mi ha chiarito molti interrogativi sui possibili perché di tanta resistenza al riconoscimento della professione del Kinesiologo, e fatto riflettere su alcuni punti che ritengo fondamentali da dire e da sapere.
Si sa, alla politica interessano principalmente i numeri e le linee di forza autorevoli: sono questi fattori a stabilire i principi guida di riconoscimento di una disciplina professionale e la disponibilità politica a tal riconoscimento. La politica è relativamente interessata ai dettagli metodologici, alla filosofia di fondo e ai presupposti su cui si regge una data disciplina come la Kinesiologia; pertanto, interessano poco anche le differenze sostanziali fra discipline simili nel nome ma molto diverse nella sostanza, come accade per i due universi paralleli che sono la Chinesiologia e Kinesiologia.
La politica ha le sue regole, ed è giusto seguire le strade istituzionali da essa sancite. Questo può piacere o meno ma le regole sono regole e pertanto vanno rispettate. Il mio intento con questo articolo non è certo quello di criticare le linee politiche, o descrivere i dettagli tecnici delle pratiche amministrative in materia di riconoscimento delle professioni; no, non è questo il mio intento, non è il mio mestiere.
Il mio mestiere è il Kinesiologo professionista – con la K –. Sono ormai vent’anni che studio e lavoro in questo ambito e in un ventennio non ho mai smesso di ricercare, studiare e approfondire. In più, la mia inclinazione allo studio filosofico mi ha dato la possibilità di inquadrare sempre meglio gli aspetti fondamentali del lavoro del kinesiologo. Pertanto, desidero affrontare la questione Kinesiologia – con la Kappa – e Chinesiologia – con Ci-Acca – dal punto di vista culturale e epistemologico. Auspicando di poter offrire un contributo sostanziale per sensibilizzare i professionisti di ogni prospettiva metodologica, ortodossa e alternativa, che gira attorno al mondo della Kinesiologia o della Chinesiologia; e chissà, forse anche qualche personalità politica interessata a questi settori.
Kinesiologia e CHinesiologia: una questione etimologica e di approccio conoscitivo
Dal punto di vista culturale il problema dell’ambiguità fra Kinesiologia e Chinesiologia si pone per due motivi principali:
- uno di natura etimologica e fonetica.
- uno di natura epistemologica.
Il primo punto è facile da intuire: siamo in presenza di due nomi che convergono nello stesso significato etimologico e hanno la stessa fonetica: solo che uno inizia per K e l’altro con CH. In definitiva l’etimologia è la medesima: Kine deriva dal greco Kinesis e significa Movimento; Logia da logos, significa studio o discorso, pertanto: studio o discorso sul movimento. Come vediamo siamo in presenza di un bel dilemma, cambia l’iniziale ma il senso resta il medesimo.
Tuttavia, molto più importanti, sono le differenze sostanziali tra queste due discipline che giustificano la necessità di grafiche distinte, da cui l’iniziale K o CH. Tali differenze sostanziali sono sia nei metodi operativi che nel modo di osservare il corpo, l’oggetto di studio comune a entrambe. Queste diversità sostanziali vengono messe in luce nel secondo punto: attraverso una valutazione epistemologica. Nel nostro caso si tratta del modo di conoscere il corpo e dei metodi per farlo, applicati dalle due discipline in questione. Prima di tutto partiamo col precisare che la Kinesiologia – con la K – è sempre seguita da un’altra parola specifica che generalmente è, applicata: Kinesiologia Applicata. Già di per se, ciò definisce una differenza sostanziale, riducendo l’ambiguità sul fronte fonetico/etimologico. Ma non solo, il termine applicata contiene, seppur implicitamente, un senso distintivo della metodologia, inequivocabile.
Infatti con Kinesiologia Applicata si definisce una disciplina con la sua storia, le tecniche fondamentali che la caratterizzano e una visione olistica definita del modo di conoscere/trattare il corpo umano e del suo approccio metodologico. Allo stato attuale la Kinesiologia Applicata è il fondamento generale di numerosissimi altri orientamenti metodologici particolari – altre “kinesiologie” -, derivanti e retti dalle sue nozioni fondamentali; pertanto, la Kinesiologia Applicata parte da premesse conoscitive molto diverse rispetto a quelle della Chinesiologia – con CH.
Le differenze fra Kinesiologia e CHinesiologia
La Chinesiologia – con CH -, seppur presenta la stessa etimologia e fonetica, è un universo completamente differente dalla Kinesiologia, sia per metodologia che per approccio conoscitivo al corpo. La definizione comune – ufficiale – di CHinesiologia è: scienza che studia il movimento umano razionale attivo in tutte le sue forme. Il movimento attivo viene studiato nelle sue diverse aree: intellettivo-cognitiva, affettivo-emotiva, fisico-motoria, sociale-relazionale. Come vediamo siamo in presenza di un ambito scientifico accreditato e ben strutturato, rivolto essenzialmente all’esercizio fisico. Infatti, Il CHinesiologo – CH – è un laureato in scienze motorie, vale a dire che per praticare la professione di CH è necessario possedere tale laurea. Poi, lo studio del movimento, in questo ambito scientifico, è razionale: movimento inteso come motricità. Ciò sta a significare che l’approccio segue i principi causali della scienza, dove l’oggetto di studio – la motricità – si riferisce al corpo studiato in base alle cause organiche, neurologiche e cognitive connesse alla motricità biomeccanica. Infatti, dalla regolamentazione che definisce la figura professionale del CHinesiologo, si evince chiaramente come tale attività sia fondata sulla progettazione e realizzazione di programmi motori finalizzati al miglioramento e al recupero del miglior stato di benessere; e come essa si compia nella conduzione di lezioni pratiche di attività motoria e sportiva. Dunque, Il professionista CHinesiologo si rivolge sia agli sportivi, per il miglioramento della performance; sia ad utenti generici che vogliono mantenersi informa e/o alleviare problematiche relative all’apparato muscolo-scheletrico, attraverso programmi motori, sviluppati in lezioni e finalizzati al benessere o al miglioramento delle abilità sportive, anche in condizioni di disabilità. In sintesi il CHinesiologo è un insegnate o istruttore, altamente specializzato nella progettazione di protocolli di allenamento motorio finalizzati alla performance sportiva o al mantenimento del benessere attraverso l’esercizio fisico programmato e strutturato.
Invece per la Kinesiologia con la K, non c’è ancora una definizione generale perché come abbiamo visto esistono molti orientamenti metodologici derivanti dalla Kinesiologia Applicata, madre di tutte le “kinesiologie”. Perciò allo stato attuale non esiste una definizione univoca strutturata che faccia da base generale alle “scienze kinesiologiche applicate”. Questo problema è strettamente legato all’origine “atipica” della Kinesiologia Applicata: disciplina olistica nata dalla Chiropratica, non riconosciuta completamente secondo i presupposti ufficiali della scienza ortodossa.
Prima di descrivere più nel dettaglio i tratti distintivi della Kiensiologia, mettiamo subito in chiaro una questione fondamentale: ad oggi, la Kinesiologia non è una scienza, ma una disciplina bionaturale olistica del benessere; semmai è un Arte del benessere. E questo lo dico non per creare sofisticamente delle distinzioni con la scienza CHinesiologica attraverso artifizi dialettici, ma per il semplice fatto oggettivo che la Kinesiologia – intesa come l’insieme di tutti gli orientamenti olistici – opera effettivamente in modo olistico e pertanto presenta differenze cruciali nei presupposti e nelle premesse di conoscenza del corpo, rispetto alla CHinesiologia e ad altre discipline scientifiche del corpo umano: i modi di conoscere e di studiare il corpo umano, propri della Kinesiologia, perseguono strade molto diverse dalle discipline scientifiche ortodosse, seppur in certi casi congiunte e sovrapponibili.
Ora, si rivela necessario definire il concetto di olistico: deriva da Olos, che significa tutto, intero: una disciplina si può definire olistica quando il suo approccio conoscitivo si basa sullo studio sistemico del corpo abbracciando anche le dimensioni “metafisiche” e soggettive dell’essere. Poi, una disciplina olistica come la Kinesiologia e le sue innumerevoli declinazioni metodologiche è “non razionale”. A questa mia asserzione molti potrebbero inorridire: “come? Stai dicendo che la Kinesiologia è una disciplina irrazionale?” Se per irrazionale si intende un approccio che trascende le categorie strutturate dei principi scientifici ortodossi, allora sì. Tuttavia, faccio notare che ho usato il termine “non razionale”, che in questo contesto è differente da “irrazionale“: significa che la Kinesiologia conosce il corpo principalmente sul piano soggettivo, e la soggettività non può essere ridotta ai principi universali di conoscenza basati esclusivamente sul pensiero razionale oggettivo, come invece avviene per la CHinesiologia, fondata sulla progettazione di programmi motori attraverso l’organizzazione e lo studio razionale della motricità biomeccanica.
Kiensiologia e CHinesiologia: definiamo questi universi paralleli
Di seguito chiariremo meglio cosa si intende con “non razionale”, per adesso quello che conta è aver delineato le differenze macroscopiche delle Scienze CHinesiologiche e delle Arti Kinesiologiche Applicate. Sulla base di questa prima parte di argomentazione, proviamo ora a dare due definizioni generali delle due discipline in questione:
- CHinesiologia: disciplina delle scienze motorie basata sulla progettazione di lezioni per l’attività motoria a corpo libero e con l’ausilio di attrezzi, finalizzata al benessere e/o alla preparazione atletica sportiva. Si occupa del movimento, inteso come motricità, in tutte le sue forme: in ambito sportivo, rieducativo, preventivo, ricreativo e ludico. questa definizione deriva dalle fonti ufficiali UNI per le professioni non regolamentate.
- Kinesiologia: arte olistica bionaturale del benessere, non scientifica. Considera la persona nella sua globalità sistemica psicofisica ed espressiva. Essa si compie attraverso procedure manuali basate prima di tutto sul test muscolare kinesiologico, allo scopo di favorire i naturali processi di riequilibrio corporeo, migliorare l’auto-consapevolezza della persona e normalizzare/potenziare la sua energia e vitalità in modo da esprimere pienamente se stessa e raggiungere uno stato di benessere ottimale globale: fisico, psichico, spirituale o espressivo. Questa definizione riprende in larga misura le comuni definizioni attribuite a questa disciplina dalle maggiori scuole di formazione in Kinesiologia.
Come vediamo, queste definizioni mettono in chiara luce differenze sostanziali ben distinte, differenze, che dovrebbero far riflettere le istituzioni che riconoscono come professione la CHinesiologia e invece presentano resistenze al riconoscimento della Kinesiologia. Perché sulla base di questa prima premessa, se si son colte bene le differenze, non ci sono motivazioni reali per dire che la Kinesiologia – K – si sovrappone metodologicamente alla CHinesiologia – CH –: siamo in presenza di due universi paralleli differenti che hanno in comune solo le basi teoriche della fisiologia dell’organismo, ma la prospettiva da cui si guarda il corpo è diversa, molto diversa! Tutto ciò è sufficiente per dedurre che le difficoltà di riconoscimento che incontra la Kinesiologia derivano dalla profonda mancanza di conoscenza analitica delle due discipline da parte degli enti politici-amministrativi, ma anche di molti addetti ai lavori come i Kinesiologi stessi. Realtà triste, che mi spinge naturalmente ad invitare tali enti e colleghi a considerare seriamente questa mia analisi, affinché le personalità istituzionali possano accedere alle conoscenze sostanziali necessarie per formulare le regolamentazioni più adeguate, allo scopo di riconoscere professionalmente anche il Kinesiologo e la Kinesiologia in tutte le sue declinazioni metodologiche; e i professionisti Kinesiologi possano finalmente riconoscere il cardine centrale della loro professione e materia di studio: il Corpo Vissuto e la sua Espressività.
Ma come ho già detto, non sta a me giudicare le scelte politiche, il mio intento vuol essere un contributo costruttivo per arricchire le conoscenze fondamentali su cui si regge la Kinesiologia e persuadere tutti i Kinesiologi professionisti a riflettere su questo e a contribuire sviluppando ulteriormente i concetti di questo articolo, formulati per lo più come ipotesi di ricerca.
Tale argomentazione costituisce un piccolo incipit rispetto alla ricerca che sto svolgendo da diversi anni su questo fronte, pertanto necessita di molte più menti per svilupparla in tutte le sue sfaccettature: fenomenologia, neuroscienze fenomenologiche, embodied cognition, sono alcuni dei principali ambiti di studio da approfondire, allo scopo di ristrutturare la Kinesiologia e sviluppare una seria struttura teorica basata su solide branche del sapere, che possano apportare presupposti altrettanto solidi; al fine di identificare e reggere le premesse da cui nasce la Kinesiologia e tutti i suoi orientamenti metodologici.
Sono perfettamente consapevole che a questo punto, agli occhi di un profano, la Chinesiologia, essendo scientifica, possa sembrare vincente su tutti fronti – si fa per dire non è mia intenzione metterla in termini competitivi – ma si tratta solo di apparenza; ricordo al lettore che chi scrive è Kinesiologo con K! Ad ogni modo è opportuno essere intellettualmente onesti: allo stato attuale delle cose la Kinesiologia non è scienza – ma nemmeno pseudoscienza – e la Chinesiologia è scienza, punto. Questi sono i fatti, e non sono in discussione. Tuttavia, ci sono molti altri fattori da sviscerare: le discipline scientifiche sono prospettive basate su presupposti condivisi universalmente, ma non sono gli unici presupposti conoscitivi, ne esistono altri. E la Kinesiologia si basa su presupposti diversi, il fatto che non siano accettati scientificamente non giustifica l’ostracismo nei confronti di questa disciplina e verso i suoi sostenitori. Perciò adesso andiamo ad approfondire più nel dettaglio alcuni fattori epistemologici che legittimano la Kinesiologia come professione e la rendono, seppur non scientifica, una disciplina di tutto rispetto. L’argomentazione che segue si basa su concetti originali per l’ambito Kinesiologico tradizionale, concetti a mio avviso molto importanti e determinanti per definire in modo inequivocabile le differenze sostanziali fra l’approccio Kinesiologico e quello CHinesiologico.
La Kinesiologia: scienza della Vita Vissuta
Quando ho usato l’appellativo disciplina “non razionale” l’ho fatto con cognizione di causa, perché prima di essere un professionista sono uno studioso, e razionale per giunta. Perché in vent’anni di studio della Kinesiologia e delle discipline olistiche non mi sono mai accontentato di accettare silenziosamente le sue tecniche “perché funzionano”, come molti colleghi si limitano a fare; ho sempre cercato di andare oltre, attingendo anche a fonti esterne ai classici concetti olistici a cui normalmente fanno riferimento la maggior parte dei Kinesiologi.
Purtroppo se ci basiamo solo sulle tecniche diventa assai difficile trovare risposte convincenti: per esempio, accettare che passando una mano ad un centimetro dal corpo è possibile assistere all’indebolimento di un muscolo precedentemente forte non è semplice – però accade – bisognerebbe approfondire e spiegare la medicina tradizionale cinese, la distribuzione energetica dei meridiani, aprendo un capitolo vastissimo relativo alla filosofia orientale, e non è una passeggiata! Per di più si tratta di concetti anch’essi scientificamente controversi; oppure, accettare che un muscolo da debole passi a forte massaggiando o toccando una certa zona del corpo, per quanto sia in apparenza più “fondato” in termini “oggettivi”, non è così immediato da comprendere secondo i comuni schemi scientifici di conoscenza: perché magari, ottenuta la correzione il muscolo diventa forte, ma può succedere torni debole dopo pochi istanti, apparentemente senza un perché univoco: magari la persona ha pensato a qualcosa di stressante, che ne sappiamo? Oppure l’operatore ha perso la sua “centratura” durante il trattamento? E altre numerose variabili difficilmente oggettivabili. Comunque sia, ogni Kinesiologo onesto può confermare tranquillamente queste esperienze empiriche “ambigue”, tuttavia il lavoro funziona: ed io, per anni, mi sono chiesto il perché? E me lo domando tutt’ora?
Pertanto, basarsi solo sulle tecniche non porta a risposte soddisfacenti e univoche; molte tecniche Kinesiologiche poggiano su premesse differenti: a volte è la neurologia funzionale, altre la biomeccanica posturale o l’elettromagnetismo, altre ancora le dinamiche mentali, in altri casi sono i meridiani dell’agopuntura, i visceri, le fasce connettivali, il sistema craniosacrale, etc… Da ciò si intuisce la difficoltà di definire un principio distintivo generale, perché seguendo solo la strada delle tecniche dovremmo analizzare tecnica per tecnica, e i presupposti e le premesse spesso diverse e controverse su cui poggia; un lavoro non impossibile, ma titanico, molto dispendioso e pieno di insidie concettuali e teoriche da sostenere almeno con spiegazioni logiche convincenti.
Tuttavia, esiste un denominatore comune che regge tutte le tecniche della Kinesiologia ed è il principio di “auto-guarigione del corpo”. Tale principio presuppone che il corpo possieda delle capacità innate di auto-guarigione e auto-organizzazione, costituite da un quid di risorse biologiche, energia di adattamento, gestione dell’energia dei processi fisiologici e neuropsicologici. Questi “livelli energetici”, nel loro insieme, danno origine a una organizzazione organica ed espressiva, riconducibile al concetto di energia vitale. Ecco, se partiamo da qui possiamo aprire uno scenario interessante su cui argomentare principi logici e unitari, delineando delle fondamenta solide per una Kinesiologia come Disciplina, dove “purtroppo” le categorie dei presupposti e delle premesse scientifiche ortodosse possono arrivare fino ad un certo punto.
Ora proviamo a definire il concetto gnoseologico di energia vitale e auto-guarigione.
La capacità di auto-guarigione trascende il piano organicistico di conoscenza, e può essere assimilata alla manifestazione preriflessiva della corporeità. In soldoni, per comprendere tale concetto dobbiamo partire da presupposti di conoscenza che vengono prima delle categorie riduzionistiche su cui poggiano le discipline scientifiche come la Chinesiologia. Questo scenario apre a una visione diversa del corpo, in cui l’approccio della Kinesiologia non si edifica sulle stesse basi conoscitive della CHinesiologia, perché la prima, contemplando la dimensione vitale di auto-guarigione e auto-organizzazione del corpo, osserva quest’ultimo, prima di tutto, dalla prospettiva soggettiva dove sono le dinamiche espressive del Corpo Vissuto ad essere il cardine centrale del processo di conoscenza. Mentre invece la CHinesiologia si radica sul presupposto scientifico dove l’esistenza del corpo e del suo movimento si fonda sull’oggettivazione causale delle dinamiche organiche del corpo, in questo caso riferite alla motricità. Pertanto, dalla prospettiva CHinesiologica il corpo è un oggetto fra gli oggetti, legati insieme dal vincolo causale dell’organismo; per cui la visione CHinesiologica si differenzia totalmente da quella Kinesiologica per il semplice fatto che il corpo viene considerato come oggetto manipolabile da tecniche riproducibili, ed è su questa base che si fonda la prospettiva con cui la CHinesiologia comprende e conosce il funzionamento del corpo, accostandolo analogicamente al funzionamento delle macchine: è da queste basi che originano i criteri per la progettazione dei programmi motori in CHinesiologia. Come vediamo il punto d’osservazione CHinesiogico è possibile solo venendo meno alla dimensione espressiva e soggettiva del “corpo vissuto”, cosa che invece per la Kinesiologia risulta essere il cardine centrale da cui si protendono tutte le sue prospettive metodologiche, non completamente riproducibili in modo oggettivo a giusta ragione, perché è proprio lo studio degli effetti connessi al movimento vitale espressivo/soggettivo ad essere il focus della prospettiva Kinesiologica in generale.
A questo punto la differenza sostanziale si pone in questo modo: da una parte, la CHinesiologia che concepisce il corpo come meccanismo causale di dinamiche psicofisiche; dall’altra, la Kinesiologia che concepisce il corpo non solo su base psicofisica, ma va oltre, contemplando la dimensione vissuta dell’Altro: soggetto espressivo, dinamico e mutevole; di cui le manifestazioni osservate non costituiscono esclusivamente fattori causali oggettivi, ma più che altro gli effetti del rapporto intimo e personale dell’individuo con il proprio mondo, a partire dalla capacità vitale del soggetto. Dunque il concetto di energia vitale, inteso come potenziale preriflessivo dell’intenzionalità umana, si inserisce pienamente nella concezione fenomenologica del Corpo Vissuto in stretta relazione con la dimensione psicofisica organica – o corpo organico –. Infatti, dagli studi svolti dalla mia organizzazione NovaTherapy®, abbiamo molti elementi di ricerca per ipotizzare ragionevolmente che lo stato di benessere ricercato e promosso in Kinesiologia consiste nel favorire l’integrazione espressiva armonica di Corpo Vissuto e Corpo Organico – il Leib e il Körper di Husserliana memoria –. Pertanto, le metodologie Kinesiologiche nella loro varietà applicativa mirano a facilitare l’equilibrio espressivo e dinamico fra Leib – Corpo Vissuto – e Körper – Corpo Organico –, in un tutt’uno integrato che definisce lo stato di benessere – Essere-Bene – dell’individuo. Lo stato in cui l’intenzionalità della persona è perfettamente in armonia reciproca con le sue azioni soggettive, intersoggettive e mondane.
La fenomenologia, secondo le nostre ricerche, offre presupposti adatti a identificare saldamente il lavoro del Kinesiologo, utili alla formulazione di basi solide per dare spessore e attendibilità – seppur filosofica per ora – alle premesse e alle metodologie della Kinesiologia.
Kinesiologia e Fenomenologia: un’ipotesi plausibile?
La fenomenologia è una disciplina filosofica che studia l’Essere in quanto tale, così come appare, fuori da ogni categoria precostituita. Non rinnega l’approccio scientifico ortodosso ma invita a fare una distinzione nel modo di conoscere le cose: possiamo conoscere il corpo in termini organici, e dunque parliamo di Corpo Organico, oppure possiamo conoscerlo nella sua dimensione vissuta, e quindi parliamo di Corpo Vissuto. Da qui l’utile indirizzo di Husserl nella distinzione fra Scienze della Natura e Scienze del mondo della vita: secondo questa distinzione si può formulare l’ipotesi, poco azzardata, che la CHinesiologia persegua i richiami della Scienze della Natura, mentre la Kinesiologia possieda i connotati per rientrare a pieno titolo come Scienza del mondo della vita.
La peculiarità della dimensione Vissuta del corpo possiede un certo grado di “irrazionalità”, o per meglio dire di non razionalità, perché su questo livello di conoscenza siamo immersi profondamente nella soggettività umana e tale fattore è difficilmente conciliabile con i criteri oggettivi assoluti delle discipline scientifiche ortodosse. La soggettività è sfuggente, non razionale/irrazionale, mai uguale, mutevole e pertanto impossibile da catalogare secondo schemi o approcci universali, utilizzabili da tutti allo stesso modo. Come vediamo la Chinesiologia non rientra affatto dentro questa dimensione conoscitiva, perché il suo studio del movimento, inteso principalmente come motricità biomeccanica, persegue la strada della causalità: studia le cause dinamiche e oggettive del movimento, per trattare e risolvere problemi o perseguire obiettivi inerenti alla motricità di ordine sportivo, riabilitativo, ricreativo e/o della disabilità.
La Kinesiologia invece si inserisce nell’orizzonte fenomenologico perché studia e lavora con la soggettività manifesta del movimento, inteso come espressivo – vivente, vitale, spontaneo – e non come mera motricità biomeccanica. L’espressività è la caratteristica peculiare del corpo vivente e vissuto. Le dinamiche trattate in questo ambito riguardano la sfera espressiva dell’individuo e non la “cura” o la riabilitazione meramente strutturale delle problematiche relative al movimento biomeccanico/motorio; o al miglioramento della performance – fattori che per il Kinesiologo sono secondari, ovvero: il miglioramento della performance o di un disagio posturale doloroso per esempio, si configura come “effetto collaterale” del lavoro globale di bilanciamento delle qualità espressive del corpo vissuto/vivente; allo scopo di favorire l’armonica “coniunctio oppositorum” fra la dimensione psicofisica del Corpo Organico e di quella espressiva del Corpo Vissuto: condizione fondamentale dello stato ottimale di benessere soggettivo.
Tutto ciò mette in evidenza come molti fattori e/o disagi presi in carico dal CHinesiologo sono trattabili anche dal Kinesiologo. Tuttavia, proprio per gli aspetti descritti sopra, questo scenario non costituisce un conflitto di interessi o sovrapposizioni metodologiche ma bensì un incontro complementare di approcci: dove il CHinesiologo tratta la componente organica biomeccanica e prettamente motoria dei disagi relativi all’apparato locomotore; e il Kinesiologo tratta la componete espressiva/energetica del movimento che spesso costituisce un correlato sistemico comune a molti malesseri e/o disagi, relativi sia alla sfera fisica che psicoemotiva, nella loro dimensione congiunta e integrata.
Chi autorizza un Kinesiologo come me a dire queste cose? Oltre allo studio e all’approfondimento continuo delle basi filosofiche e teoriche della Kinesiologia; l’esperienza di vent’anni di professione! Dove sia io che i miei colleghi abbiamo visto centinaia di persone rivolgersi a noi chiedendoci di risolvere problemi che gli approcci scientifici ortodossi non sono riusciti a risolvere. Ora, a questa mia affermazione, qualunque professionista onesto non accecato dall’ego e da conflitti di ruolo, si domanda: perché accade questo? Ed è lo stesso interrogativo che mi sono fatto in tutti questi anni: non ho mai pensato che gli approcci scientifici come la CHinesiologia fossero inadeguati e invece la Kinesiologia fosse migliore; perché non sempre la Kinesiologia dà risultati, come non sempre li dà la CHinesiologia o altre discipline ortodosse affini. Dobbiamo essere intellettualmente onesti e ammettere in scienza e coscienza che ogni approccio metodologico, sia esso ortodosso o “alternativo”, ha i suoi potenziali e i suoi limiti.
Pertanto, se la Kinesiologia – come altre discipline “alternative” tipo osteopatia e chiropratica – riesce là dove approcci più “regolari” non sono riusciti, è per un fatto epistemologico e di approccio cognitivo alla conoscenza del corpo; alla visione “non razionale” o meglio fenomenologica delle dinamiche corporee; non certo perché sia migliore di altre discipline.
In conclusione, se vogliamo arricchire l’orizzonte di conoscenza dell’essere umano è opportuno considerare seriamente i contenuti che abbiamo analizzato in questo articolo, mettendo in atto un radicale processo epistemologico che identifichi e chiarisca l’approccio sostanziale della Kinesiologia Applicata Generale e della Kinesiologia come Disciplina, offrendo presupposti adatti a reggere le sue premesse, e tutti i suoi orientamenti metodologici derivati.
Se, prima di tutto i professionisti delle discipline olistiche e soprattutto i Kinesiologi facessero questo sforzo intellettuale, dialogando serenamente fra loro e poi con gli ambiti ortodossi, partendo dai presupposti descritti sopra, portando non per forza fatti incontrovertibili, ma per lo meno ipotesi di ricerca che siano qualcosa di più del semplice tecnicismo relativo al: “perché tanto funziona” o il forzoso tentativo di incasellare la Kinesiologia esclusivamente nella dimensione psicofisica organicistica; allora ci sarebbe un arricchimento culturale utile a tutti – CHinesiologi, Kinesiologi, Osteopati, Chiropratici, Fisioterapisti, ecc… – che i politici e chi si occupa di procedimenti istituzionali di riconoscimento, si troverebbero a dover considerare seriamente. La rivoluzione del settore olistico e/o alternativo che dir si voglia non può basarsi sulla competizione, come se ci fosse il timore di perdere fette di mercato, ma sulla restaurazione e l’arricchimento dell’orizzonte di conoscenza dell’essere umano vitale e del suo organismo, protendendo verso il lavoro multidisciplinare e abbracciando i due grandi presupposti conoscitivi: quello della Natura e quello della Vita Vissuta, integrandoli armoniosamente fra loro. C’è posto per tutti, non site stanchi di fare la guerra?
– per saperne di più leggi anche l’articolo PERCHÉ LA KINESIOLOGIA “NON È SCIENTIFICA”.
Articolo di:
Fabio Valenzisi
Bibliografia essenziale:
– D. S. Walters, DC. “Kinesiologia Applicata – Synopsis” (1993); Ed. Castello.
– G. Cambiano, L. Fonessu, M. Mori. “La filosofia contemporanea” (2019); Ed. il Mulino.
– E. Husserl. “La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale” (1954); Ed. Il Saggiatore.
– M. M. Ponty, “Fenomenologia della percezione” (1945-2003); Ed. Bompiani.
– Martin Heidegger, “Essere e tempo” (1927); Ed. Mondadori.
Le informazioni contenute in questo post non sono indicazioni o prescrizioni mediche, hanno il solo scopo di informare. Al fine di agire nel rispetto del proprio corpo e bene farsi seguire da operatori del benessere accreditati e consultare sempre il proprio medico.
Se desideri essere messo in contatto con un medico specializzato in medicina integrata e olistica, uno dei nostri kinesiologi o direttamente con l’autore contattaci, saremo lieti di consigliarti gratuitamente sui professionisti della nostra rete di contatti.
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