
Con questo articolo desidero dare alcune informazioni riguardo alla formazione professionale del kinesiologo, farò una panoramica informativa adatta all’utente medio intenzionato a capire l’inquadramento attuale di questa figura professionale. E, allo stesso tempo rivolgerò un appello personale a tutti i colleghi kinesiologi professionisti, allievi in formazione e docenti delle scuole di kinesiologia di ogni orientamento metodologico ad unirsi, in virtù dello scopo comune che riguarda tutti gli aderenti al settore olistico della kinesiologia: la diffusione e il riconoscimento istituzionale e culturale delle “arti kinesiologiche applicate”; mettendo da parte i rigidi punti di vista metodologici, frutto della vasta complessità della materia. Posizioni troppo spesso discordanti e fonte di conflitto fra chi ritiene di avere più “voce in capitolo” rispetto agli altri, solo perché ricopre posizioni politicamente forti che, a mio avviso, dovrebbero essere inclusive e per nessuna ragione esclusive, come purtroppo è accaduto fin ora. Questo passo è essenziale da comprendere, al fine di favorire lo sviluppo della materia in tutti i suoi vasti ambiti applicativi e metodologici, considerando seriamente come la varietà metodologica della kinesiologia determini dei fattori situazionali che a volte possono essere sottovalutati, a vantaggio di pregiudizi posti da personalità “politicamente significative” verso soggetti più “piccoli” – di ogni status e livello formativo – alle volte molto più attivi nella ricerca e nello sviluppo della disciplina perché, di fatto, lavorano sul piano dell’accrescimento di contenuti sostanziali, necessari sia alla diffusione capillare della kinesiologia, sia al riconoscimento politico e sociale del settore in tutte le sue declinazioni metodologiche. Tale riconoscimento comincia dalla madre di tutte le “kinesiologie”, la kinesiologia applicata, e deve proseguire anche attraverso tutte le branche applicative storiche e più o meno affermate derivate da essa.
IL SETTORE PROFESSIONALE DELLA KINESIOLOGIA IN ITALIA
Allo stato attuale, in Italia, l’inquadramento della formazione del kinesiologo è al quanto eterogeneo: non essendoci ancora un riconoscimento univoco della figura professionale le realtà formative sono molte e, purtroppo, spesso in contrasto fra loro.
Tuttavia, negli ultimi anni con l’avvento della legge del 14/01/2013, nr. 4 (G.U. nr 22 del 26/01/2013) che disciplina le professioni non organizzate le cose hanno preso una struttura più chiara: si sono definiti maggiormente i requisiti formativi e professionali a cui deve attenersi ogni professionista kinesiologo e diverse scuole di formazione hanno cominciato a dialogare e a unirsi per definire standard formativi di base uguali per tutti, purtroppo non tutte ancora.
Siamo solo all’inizio di un percorso di regolamentazione stabile, ma questi primi passi fatti in avanti lasciano ben sperare al radicamento sempre più forte di questa interessante disciplina. Auspicando che i progressi giuridici e politici favoriscano sempre di più l’unione fra tutti i kinesiologi professionisti e le scuole di formazione, andando oltre le divisioni metodologiche, perché in fondo, anche se le visioni tecniche possono “dividerci” gli scopi comuni di riconoscimento e affermazione, non solo della kinesiologia applicata ma di tutte le sue branche metodologiche derivate, ci uniscono fortemente.
Ad oggi la kinesiologia (quella con l Kappa) rientra nella categoria delle discipline bionaturali olistiche finalizzate al benessere. Ciò significa che per essere operatore qualificato in kinesiologia è necessario possedere una certificazione in D.B.N. (discipline bio-naturali). Perciò un operatore può definirsi qualificato a patto di possedere un certificato riconosciuto – secondo le direttive della Legge nr. 4 – da un ente associativo nazionale, rilasciato da una scuola affiliata ad esso. Nel nostro caso l’ente certificatore di riferimento è l’ASI (associazioni sportive sociali italiane) per il settore tecnico Discipline Bionaturali Arti Olistiche e Orientali. Di cui faccio parte come kinesiologo professionista e docente certificato. Per precisione, è bene mettere in evidenza che nella sua fattispecie la legge nr. 4 non prevede l’obbligo di affiliarsi ad un ente certificatore associativo; in tal senso chiunque, seguendo le direttive di questa legge, può autoregolamentarsi in seno a qualsiasi disciplina originale come professione non organizzata e quindi non disciplinata da specifiche normative dello stato, relative ad albi e ordini professionali ufficiali. Tuttavia, affidarsi ad un ente che mette a disposizione certificati e tesserini tecnici di affiliazione ad un Registro professionale di settore, organizza gli standard di qualità della disciplina e la riconosce, garantisce attendibilità e tutela professionale; ma anche unione di categoria con tutti i vantaggi in termini di diffusione sociale e potenziali ulteriori riconoscimenti futuri. Infatti, un approccio organizzato come quello di un Ente certificatore accreditato dallo stato Italiano tipo l’ASI, favorisce la forza di gruppo necessaria alla diffusione e al riconoscimento di una data disciplina e alla sua tutela, nel nostro caso la disciplina è la kinesiologia e tutti i suoi numerosi orientamenti metodologici.
Per i dettagli sulla legge nr. 4 clicca qui e accedi alla gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana.
Secondo il parere dei kinesiologi NovaTherapy®, un professionista formato seriamente dovrebbe avere alle spalle una formazione di 2000/3000 ore frontali o equiparabile, essere certificato presso un Ente accreditato dalla stato italiano, lavorare quotidianamente come professionista, possedere una partita iva e una assicurazione professionale; e mantenere la sua formazione di kinesiologo in costante aggiornamento seguendo gli iter ufficiali proposti associazione di professionisti accreditata.
Tuttavia, a nostro avviso valgono anche, e non devono essere sottovalutate, le esperienze non ufficiali come la pubblicazioni di libri e/o di articoli originali attinenti alla disciplina, l’attività di ricerca, lo sviluppo di nuovi orientamenti, impegni istituzionali, divulgazione ecc… Questo discorso è giustificato dal contesto in cui ci troviamo oggi, dove le linee guida della categoria professionale per quanto siano più strutturate rispetto al trentennio scorso sono ancora poco definite. Il giorno che saranno ben delineate linee guida per tutti i kinesiologi, di ogni orientamento metodologico, allora l’iter ufficiale di formazione e aggiornamento continuo sarà l’aspetto più importante. Il resto, pubblicazioni, ricerca, divulgazione, ecc… diverrà un valore aggiunto dato dall’impegno personale. Conferendo prestigio al professionista, già qualificato, come accade in qualsiasi altra disciplina intellettuale.
OGGI NON È PIÙ POSSIBILE PARLARE DI UNA SOLA KINESIOLOGIA
Ma ora veniamo alla questione che mi sta più a cuore: come si può spiegare la kinesiologia applicata e tutte le sue branche applicative? Come si giustifica l’esistenza di così tante “kinesiologie”? Si deve parlare solo di kinesiologia applicata o specializzata? Per rispondere a queste domande e fare chiarezza, comprendendo bene il potenziale della kinesiologia, faccio spesso il parallelismo con la psicologia: nata grazie al lavoro di medici psichiatri e filosofi, già dalla diversità dei suoi orientamenti eterogenei si può subito intuire come la psicologia sia una disciplina complessa e sfaccettata, con innumerevoli orientamenti applicativi di indirizzo scientifico, clinico e umanistico. Concettualmente la kinesiologia possiede circa gli stessi connotati della psicologia: metodologie e approcci diversi a seconda delle scuole di pensiero, scopi e finalità differenti; complessità e sfaccettature che la rendono applicabile in molti ambiti: scientifici, clinici e umanistici. Possiamo chiarire questo parallelismo citando alcune delle maggiori scuole di pensiero kinesiologico. A partire dalla madre originaria, la kinesiologia applicata, si aprono poi numerosi altri orizzonti tecnici di specializzazione, vere e proprie metodologie o orientamenti nati dai concetti base fondamentali di questa materia che allo stato attuale possiamo tranquillamente definire: “kinesiologia applicata generale”. Ecco che negli anni si sono sviluppati numerosi orientamenti kinesiologici e tante scuole di pensiero: kinesiologia educativa, funzionale, strutturalista, umanistica, specializzata, olistica; touch for health, psych-k, kinesiopatia, kinesiologia cranio-sacrale, kinesiologia biologica consecutiva; kinesiologia nutrizionale, comportamentale, psicoapplicata, quantistica, evolutiva, medica, odontoiatrica, e altre numerose branche metodologiche. Ognuna di queste branche ha sviluppato metodologie e approcci diversificati riguardo ad ambiti particolari o aree di competenza specifiche, pur rifacendosi ai principi di base della “kinesiologia applicata generale” e attingendo a molti concetti teorici e tecnici della kinesiologia applicata fondata dal Dr. Goodhearth.
Come vediamo il parallelismo con la psicologia è pertinente. Infatti, se prendiamo la storia della psicologia come modello troviamo la nascita di numerose metodologie, punti di vista e scuole di pensiero: da quelli scientifici più rigorosi basati su fattori psicologici misurabili, sperimentali e oggettivabili, pensiamo per esempio alla psicologia sperimentale, sociale o alla neuropsicologia; per arrivare a psicologie più umanistiche, poco adattate al metodo sperimentale scientifico ma sicuramente adatte all’operatività clinica sul campo, si pensi per esempio alla psicologia del profondo, alla psicologia fenomenologica o alla psicologia analitica che spesso viaggiano al confine tra filosofia e scienza. Fra questi due filoni della psicologia, sperimentale e “umanistico”, esiste forte connessione e struttura unitaria che rende superflue le conflittualità metodologiche che naturalmente possono generarsi all’interno della categoria, tra gli studiosi di un orientamento e quelli di un altro; tale struttura garantisce solida identità all’ambito di studio, evitando inutili dispersioni e divisioni culturali generate dal conflitto fra orientamenti differenti: il cappello generale psicologia contiene al suo interno tutte le psicologie e si pone nella società come unica entità disciplinare, nonostante al suo interno possano sorgere conflittualità fra i sostenitori di una metodologia e quelli di un’altra, eventualità naturale in tutti i settori in cui le diversità metodologiche e prospettiche sono fortemente presenti. Ma quando le naturali e produttive conflittualità intellettuali, determinate dal confronto accademico, si trasformano in battaglie di potere, allora cominciano i problemi. Soprattutto nei casi dove la disciplina in questione non è ancora ben coesa fra i suoi membri e strutturata nei suoi specifici generali di linguaggio e linee formative, come accade nelle discipline kinesiologiche applicate in cui troppo spesso si assiste a conflitti puerili fra i massimi esponenti di una scuola con quelli di un’altra.
Ovviamente il senso di questo parallelismo è relativo: la psicologia è molto più anziana e navigata, ha avuto il tempo utile per affermarsi e strutturarsi saldamente nella società, rispetto alla giovane kinesiologia applicata nata negli anni ’60 del secolo scorso. L’aspetto interessante su cui voglio attirare l’attenzione è l’esempio che il percorso storico e scientifico della psicologia può dare ai kinesiologi professionisti e ai rappresentanti delle scuole di formazione. Il mio scopo è offrire un panorama esemplare per constatare obiettivamente come ogni orientamento kinesiologico abbia diritto di esprimersi e di svilupparsi. E come i marchi registrati su certi orientamenti kinesiologici, quando sono rigidamente chiusi al dialogo tecnico e teorico con gli altri orientamenti, non contribuiscono per niente allo sviluppo complessivo della kinesiologia, allo scambio armonico fra gli studiosi della materia e ancor meno al progresso tecnico-scientifico della stessa, sia pratico che teorico; ciò ostacola di fatto il suo riconoscimento sociale e istituzionale.
Tutelare la proprietà intellettuale è importante, a patto di rimanere aperti al dialogo interdisciplinare e alla crescita collettiva di settore. Dunque, oggi più che mai, c’é bisogno di un cappello kinesiologico unitario che stabilisca chiare basi generali di formazione. E che nonostante le possibili conflittualità metodologiche fra orientamenti interdisciplinari diversi, si ponga nella società come kinesiologia unica e compatta in tutti i suoi orientamenti. Il tempo dei capi scuola carismatici, delle puerili dinamiche di gruppo “noi siamo meglio di loro” e della separazione fra scuole di formazione deve giungere al termine! Anzi, è già finito, ora si tratta solo di lasciar andare certe abitudini “iniziatiche” e “settarie” che potevano andare bene trent’anni fa, ma oggi sono di fatto inutili e anacronistiche.
LE BASI DELLA FORMAZIONE E DELLA PROFESSIONE
La formazione del kinesiologo deve prima di tutto essere fondata sui principi base generali della kinesiologia applicata, dopo di che ogni professionista formato su queste basi può spaziare e specializzarsi entro un orientamento: sviluppando ogni altra prospettiva metodologica offerta dal vasto orizzonte delle scienze/arti kinesiologiche applicate, costituite da differenti orientamenti metodologici classici e innovativi.
Per questi motivi è nata l’associazione professionisti Kinesia: professionisti kinesiologi associati. Essa mira a definire gli standard professionali a cui tutti i kinesiologi dovrebbero/devono attenersi nella prospettiva di realizzare anche iter formativi generali di base, a cui tutte le scuole di formazione dovrebbero/devono attenersi, per consolidare il settore.
In fondo, se ci si pensa, prendendo a modello ancora una volta la psicologia, per diventare per esempio psicologo specializzato in analisi transazionale è necessario aver prima seguito e terminato l’iter formativo di base, a partire dalla conoscenza della psicologia generale e conseguito il titolo generale di psicologo. Non vedo perché in kinesiologia debba essere diverso. Per questo ritengo necessario stabilire l’iter formativo di base uguale per tutte le scuole, basato sui principi metodologici generali della kinesiologia applicata. Da cui, ribadisco e sottolineo, nascono tutte le altre kinesiologie con la kappa e il cui valore deve essere riconosciuto prima di tutto dagli addetti ai lavori: partendo da quelli più conservatori e “fondamentalisti metodologici” arrivando a quelli più disinteressati e individualisti; tutti gli appartenenti al settore della kinesiologia con la Kappa, dovrebbero uniformarsi in questo!
Infondo, che tu sia kinesiologo educativo, specializzato, emozionale o di qualsiasi altro orientamento specialistico, dovrai pur conoscere i concetti basilari ed elementari della kinesiologia applicata, il fondamento su cui poggia qualunque orientamento kinesiologico, almeno i principi teorici: come per esempio la correzione di un riflesso trigeminale, cos’è il modello ologrammico, come si lavora con la tecnica dei sabotaggi inconsci e l’inversione psicologica, il concetto di test in chiaro, il concetto di fissazione vertebrale, i 5 fattori IVF, i principi di reattività muscolare; EID, BID, B&E, la linea temporosfenoidale, il dural torque, come applicare sul campo la tecnica di origine inserzione, OTG e fuso neuromuscolare e la differenza fra queste, ecc…ecc… e ovviamente l’ABC dell’anatomia funzionale.
Le basi formative costituiscono il cuore di qualunque disciplina o scienza, perché ne radicano l’identità creando i presupposti fondamentali comuni di linguaggio tecnico-scientifico: conferendo forza scientifica ai professionisti, solidità alla disciplina e chiarezza nei percorsi di formazione. Pertanto, anche in kinesiologia, le basi generalistiche rappresentano quell’insieme di contenuti e di conoscenze necessarie alla costruzione delle fondamenta epistemologiche e cognitive elementari di tutta la kinesiologia come settore accademico e professionale. Esse sono il pilastro su cui si reggono tutte le abilità teorico-pratiche del kinesiologo professionista. Solo così è possibile uscire dal mero tecnicismo a cui fin troppo la kinesiologia è stata relegata, elevandola finalmente al rango che le spetta: quello di arte olistica del benessere individuale. E forse un giorno, anche a quello di scienza dell’espressività umana.
PER SAPERNE DI PIÙ SULLA KINESIOLOGIA LEGGI ANCHE:
Articolo di:
Fabio Valenzisi
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