Fonte: Bottaccioli F, Bottaccioli AG Pnei e scienza della cura integrata. Il Manuale, Edra, Milano. L’articolo riprende in larga misura informazioni contenute alle pp. 28-29. Per gentile concessione dell’Editore e degli Autori.
Lo sapevate che, nel 1932 [Hans Selye] divenne assistente di biochimica alla McGill University di Montreal, dove iniziò il suo lavoro sperimentale che lo portò a dimostrare, con la pubblicazione di un breve report su Nature, la relazione di stress dell’animale da esperimento di fronte ad agenti stressanti di varia natura. Da allora Selye divenne il padre della “medicina dello stress”.
Egli riportava sulla sua ricerca che, indipendentemente dal tipo di sostanza somministrata – batterio o tossina – o di procedura nociva – eccesso di caldo o freddo – applicata al topolino, era possibile identificare tre fasi di risposta allo stress, che chiamò [“sindrome generale di adattamento”], caratterizzata da precise modificazioni a carico degli organi dell’animale. Queste modificazioni si scandiscono in tre fasi particolari che Selye battezzò: fase di allarme, di resistenza e di esaurimento. [per approfondire, leggi gli articoli della sezione fisiologia dello stress cliccando QUI].
I primi indizi della relazione fra stress ed emozioni
Ricerche successive dimostrarono che già nella fase di allarme era possibile registrare un aumento di importanti ormoni nel sangue dell’animale, [ACTH] e del [cortisolo]: il primo ormone è prodotto [dall’ipofisi] e il secondo dalla corteccia delle [ghiandole surrenali]. Ma il dato più interessante è che anche uno stress psicologico, come la visione di un predatore o l’immobilizzazione in una gabbia stretta, o più in generale di un fattore percepito come minaccia, poteva causare la medesima sindrome dello stress.
Tutta la successiva ricerca di Selye si concentrò sullo studio dell’adattamento dell’organismo animale e umano ai diversi tipi di agenti stressanti – tossici, fisici e psichici –.
A differenza della concezione “omeostatica” del fisiologo [Walter Cannon], per Selye l’adattamento allo stress può riuscire più o meno bene. Le malattie sono il frutto di un cattivo adattamento, che non è semplicemente una carenza di risposta. Selye introduce così il concetto, oggi familiare, che ci possono essere malattie da eccesso di risposta, per esempio da eccesso di cortisolo – conosciuto oggi come l’ormone dello stress –, causato da stress cronico.
Infatti, un cattivo adattamento allo stress causa, nel tempo, un accumulo di alterazioni che sono fonte di una pluralità di malattie. Quello che conta, quindi, non è l’eliminazione dello stress, che sarebbe come eliminare la vita stessa, ma la sua gestione.
A tal proposito Selye scrive: “non c’è formula di successo uguale per tutti”, anche se la strada da percorrere è uguale per tutti: “vivere in armonia con le leggi della natura, stabilendo il proprio personale ritmo di marcia”.
La svolta verso la dimostrazione della relazione fra stress ed emozioni
Dr. Hans Selye (1936)
La svolta delle ricerche di Selye, il “dottor Stress” come lo chiamavano i giornalisti americani, avvenne verso la fine degli anni ’70, grazie al contributo di un giornalista, [Norman Cousins].
Giornalista e scrittore di rango, politico liberale fortemente impegnato per la pace fin dalla Seconda guerra mondiale e poi per tutta la guerra fredda e oltre, al punto di ricevere medaglie e ringraziamenti pubblici da J. F. Kennnedy e Giovanni XXIII.
Cousins nel 1964 si ammala di una spondilite anchilosante, una malattia reumatica di tipo autoimmune ancora oggi difficilmente curabile e invalidante.
Nel dicembre del 1976, l’autorevole [New England Journal of Medicine] pubblica un articolo di Norman Cousins, dal titolo “Anatomia di una malattia – come percepita dal paziente –, nel quale racconta come aveva affrontato la patologia.
L’articolo si basava proprio sugli studi di Hans Selye sullo stress e sul ruolo delle emozioni negative nella genesi delle malattie. Dopo aver richiamato questi studi, Cousins chiede: “Se le emozioni negative producono nell’organismo un cambiamento chimico negativo, le emozioni positive non potrebbero produrre cambiamenti chimici positivi? È possibile che l’amore, la speranza, la fede, la fiducia, la voglia di vivere, le risate abbiano un valore terapeutico? I cambiamenti chimici intervengono solo in senso negativo?
La risposta che Cousins presenta in questo articolo della più importante rivista della medicina ufficiale, viene dalla sua esperienza, dal modo con cui ha affrontato la malattia: niente ricovero ospedaliero, pochissimi farmaci, dieta, vitamine e tante, tante risate, più volte al giorno, prodotte dalla visione dei film dei fratelli Marx. Dopo la guarigione, Cousins viene chiamato dalla Facoltà di medicina del California Campus di Los Angeles come professore di Medical Humanities e qui, assieme a un gruppo di biochimici, dà vita al primo laboratorio sperimentale di Psico-neuro-immunologia. Laboratorio che, oggi diretto da [Michael Irwin], è uno dei centri di eccellenza nello studio del ruolo della psiche nella salute e nella malattia.
Da allora sono stati fatti enormi passi avanti negli studi sullo stress e del ruolo della dimensione psicoemotiva nella salute, negli stati di malessere e nella malattia. Pertanto, oggi sappiamo come lo stato profondo di rilassamento, la meditazione – come la Mindfulness per esempio, ricca di dimostrazioni scientifiche –; oppure, discipline millenarie come lo Yoga o la Medicina Tradizionale Cinese; l’osteopatia, la chiropratica, la [kinesiologia applicata] siano orientamenti terapeutici efficaci per favorire la capacità del corpo di bilanciare la sua biochimica interna. Ma non solo, anche i comportamenti in equilibrio con i ritmi corporei: prendersi cura del proprio riposo, praticare attività distensive e rilassanti e perché no, godersi un buon film comico, siano attività utilissime per gestire lo stress e favorire un ambiente biochimico interno ottimale al mantenimento della salute e del benessere soggettivo.
[Consulta la sezione “fisiologia dello stress” per saperne di più]
Articolo di:
Fabio Valenzisi
Fonti bibliografiche:
– Selye H. (1936), [“A syndrome produced by diverse nocuous agents”, Nature 138: 32.]
– Cousins N. (1976), [“Anatomy of an illness (as perceived by the patient)”, New England Journal of Medicine” 295: 1458 – 1463.]
Bibliografia essenziale:
– F. Bottaccioli; A. G. Bottaccioli, [“Psiconeuroendocrinoimmunologia e scienza della cura integrata”], Pg. 28 – 29.
Le informazioni contenute in questo post non sono indicazioni o prescrizioni mediche, hanno il solo scopo di informare. Al fine di agire nel rispetto del proprio corpo e bene farsi seguire da operatori del benessere accreditati e consultare sempre il proprio medico.
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