
Nel panorama delle professioni offerte dal settore olistico, il kinesiologo ricopre un ruolo di spicco. Checché se ne dica, la kinesiologia è probabilmente la disciplina olistica in grado di rispondere adeguatamente, più di altre, al trattamento dolce e integrato di tutti gli elementi fondamentali del benessere da cui dipende la nostra salute: corpo, mente/psiche, relazione con l’ambiente e spiritualità, la grande assente nella nostra società contemporanea. Tuttavia, è bene dirlo, ciò deriva dal grado di preparazione del kinesiologo, cioè se è in grado o no di operare in modo veramente integrato – olistico -. Il grado di preparazione si regge su esperienza, sensibilità, conoscenza e capacità relazionale; oltre a queste caratteristiche indispensabili è fondamentale che il kinesiologo sia in grado di dialogare e collaborare con altre figure professionali. Ciò implica in primo luogo possedere sufficiente cultura in materia medica. Cultura, non competenza, necessaria affinché il professionista “non medico” possa essere una risorsa significativa per le Persone e collaborativa con i professionisti del settore medico sanitario, e non di ostacolo a questi. Il discorso vale per tutti i professionisti del settore benessere olistico! Senza tali presupposti, le arti kinesiologiche e più in generale il settore olistico rischiano di diventare, purtroppo, un calderone inconsistente di metodi o tecniche, comprensibilmente criticabile. Mantenendo scomodamente vivo l’atteggiamento di scarso interesse per lo studio e l’approfondimento serio, triste peculiarità di molti professionisti sedicenti “operatori olistici” – ne ho sentiti tanti affermare: “io non leggo su i libri, ma mi affido all’intuizione” o cose simili -, o ancor peggio di chi si qualifica come kinesiologo fermandosi a un livello approssimativo di conoscenze non solo entro il proprio ambito di competenza ma anche riguardo agli ambiti con cui la kinesiologia è affine, siano essi relativi a cultura medica elementare e/o psicologica di base. Ma anche rispetto alla conoscenza e allo studio dei fondamenti epistemologici e gnoseologici su cui si fondano o possono fondarsi le Arti kinesiologiche Applicate, nelle loro tecniche metodologiche e nei modi di osservazione e studio dell’Essere Umano. I kinesiologi – con la Kappa – che assumono questo tipo di atteggiamenti oltre a danneggiare l’immagine delle arti kinesiologiche applicate, ne ostacolano lo sviluppo.
I kinesiologi professionisti seri e competenti evitano di “vivere di rendita” sulle conoscenze già acquisite, ma sono disponibili a colmare le proprie lacune e ad arricchirsi culturalmente, sia rispetto al proprio ambito di competenza sia quanto riguarda ambiti affini che possono contribuire a migliorare la comprensione dei campi di applicazione, i modi più adeguati per inquadrare la disciplina e la gestione multidisciplinare del benessere altrui.
APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE NON SIGNIFICA IMITARE I MEDICI
Comprendere il campo di applicazione della kinesiologia significa strutturare ipotesi sull’ambito specifico di studio della materia e le modalità di conoscenza della stessa. A tal scopo i kinesiologi dovrebbero cominciare a porsi domande del tipo: quali sono i metodi di conoscenza della kinesiologia? Come si sviluppa in questo ambito il processo di conoscenza sull’Essere Umano? Qual è il livello di conoscenza e di trattamento del corpo umano in questo settore?
Dare risposte a domande come queste è fondamentale per lo sviluppo formativo e professionale, al fine di stabilire con precisione il ruolo della kinesiologia e dei kinesiologi. Ruolo che non può sovrapporsi ad altri come quello medico e pertanto deve essere strutturato su basi epistemologiche adatte e chiare. In principio anche solo ipotetiche ma che comunque offrano basi fertili da cui sviluppare il linguaggio specifico generale della materia, i suoi modi di osservazione e studio del corpo, e la codificazione degli specifici generali della disciplina.
Lasciamo agli illusi slogan del tipo: “la kinesiologia cura”, “il cuore guarisce”, “il kinesiologo cura” o altri sofismi dialettici simili. Come ho già espresso in tanti altri articoli, asserire la cura e/o la guarigione come attributi fattuali della pratica kinesiologica e dei kinesiologi è oltremodo improprio: tentativi sensazionalistici per accalappiare clienti o studenti. Modus operandi comprensibile visto i tempi in cui viviamo, entro una certa misura, ma inaccettabile quando esso si sostituisce allo studio, alla ricerca e allo sviluppo culturale condiviso fra professionisti e scuole di formazione.
La kinesiologia offre metodi capaci di favorire i processi di riorganizzazione del corpo, inteso nella sua globalità di corpo espressivo vitale, vivente e vissuto; e così, il kinesiologo capace, adottando le giuste metodologie facilita i processi di organizzazione dell’unità percettiva di espressione e movimento, cioè il corpo vitale, affinché esso possa svolgere armoniosamente i suoi naturali processi e impiegare efficacemente le sue risorse di auto-guarigione. Per quanto riguarda l’azione di cura, oltre ad essere ambito di competenza medico essa è irrilevante in kinesiologia proprio per il fatto che le azioni “terapeutiche” del kinesiologo sono rivolte al corpo espressivo – vitale e vivente – e ciò significa che l’atto in sé non avviene entro l’analisi patologica oggettiva – ambito di competenza medica, ribadisco – ma sul dinamismo pulsante del corpo costituito dall’espressione globale dell’energia espressiva vitale, vivente, unica, soggettiva e irripetibile quindi indifferente ad ogni protocollo oggettivo di catalogazione tecnica. Questo può essere considerato il livello di osservazione e operatività della kinesiologia.
In sintesi, il kinesiologo attraverso le metodologie kinesiologiche entra in relazione con la soggettività dell’individuo espressa dalla corporeità vissuta e per questo motivo la sua azione “terapeutica” non può essere completamente catalogata in modo oggettivo univoco, come avviene invece per le procedure mediche di cura strutturate all’interno di protocolli scientifici di oggettivazione e catalogazione. La kinesiologia è un’Arte terapeutica. Anche se è bene mettere in evidenza come la prassi medica sia anch’essa un’arte, ma, a differenza della kinesiologia, è ben più inserita nel contesto scientifico ortodosso.
Se dobbiamo fare dei parallelismi, le arti kinesiologiche applicate, più che alle scienze mediche sono affini alle scienze psicologiche, come dico da molti anni. E questo per due motivi: primo, come la psicologia, anche la kinesiologia è costituita da numerosi orientamenti metodologici; secondo, molti di questi orientamenti si occupano della soggettività umana e pochi si prestano ai metodi canonici di validazione scientifica. Anzi, la kinesiologia, essendo molto più recente rispetto alla psicologia non possiede ancora la strutturazione di metodi di ricerca adeguati al suo orizzonte di studio, che può essere inteso nella dimensione soggettiva e vissuta della corporeità.
Per molti aspetti la kinesiologia si offre come ottimo completamento a certi orientamenti psicologici, dato che studia ed opera direttamente con la dimensione corporea vissuta, in modo profondo e con livelli di interazione operativa adatti ad affiancare la clinica psicologica. Aspetti che a mio avviso aprirebbero porte molto interessanti per lo svolgimento di ricerche utili allo sviluppo di entrambe le discipline: la psicologia, alleandosi con le arti kinesiologiche, offrirebbe a queste ultime fondamenti scientifici solidi, o per lo meno di rinforzo teorico alle tecniche kinesiologiche; e la kinesiologia, alleandosi con le scienze psicologiche, offrirebbe a queste ultime metodi pratici per dialogare in modo diretto con la dimensione corporea vissuta, dando vita clinica a certe teorie psicologiche incentrate sul corpo che fino ad oggi operano con tecniche dialogiche, colloqui clinici o ginnastiche psicocorporee.
KINESIOLOGIA: CLIENTI O PAZIENTI? NO, PERSONE!
Dal kinesiologo non ci vanno gli infermi, loro sì che necessitano prima di tutto di azioni di cura. Certo, questi pazienti possono anche affidarsi ad un kinesiologo mentre seguono le indicazioni mediche; tuttavia dal kinesiologo ci vanno le Persone. Ed anche quando soffrono di qualche malanno o patologia nell’orizzonte di analisi kinesiologica esse restano comunque Persone, mai pazienti e nemmeno clienti: Persone! È anche vero che dolore e sofferenza sono spesso moventi che spingono a rivolgersi ai kinesiologi, ma questi moventi non costituiscono affatto il fine analitico del kinesiologo, di cui prederà semplicemente atto per poi focalizzarsi sul dinamismo vitale della Persona, attraverso il dialogo espressivo col corpo mediato dai test muscolari; con l’ascolto dei ritmi vitali dei tessuti e parentesi dialogiche finalizzate alla scoperta del senso profondo della “storia” espressiva e soggettiva raccontata dal corpo, ovvero la Persona. In kinesiologia i corpi sono Persone, con la loro storia vissuta impressa.
Ecco perché l’approccio Kinesiologico NovaTherapy® contempla il lavoro multidisciplinare, dove ogni kinesiologo è consapevole del suo ambito di competenza, delle possibilità e dei limiti della sua disciplina; e per questo instaura collaborazioni attive con altri professionisti, medici e psicoterapeuti – etici e umani -, che possano completare il lavoro di recupero della salute quando si rivela necessaria una diagnosi differenziale, una rivalutazione della storia clinica, trattamenti medici o percorsi specifici di psicoterapia. Tale approccio dovrebbe essere contemplato da tutti i professionisti delle Arti Kinesiologiche Applicate.
L’attività NovaTherapy® è sempre rivolta alla ricerca di professionisti del settore medico, aperti alla collaborazione con professionisti non medici. Allo scopo di garantire serietà e professionalità sia alle persone che si rivolgono alla nostra rete professionale sia ai professionisti che intendono farne parte.
KINESIOLOGIA E MULTIDISCIPLINARIETÀ SIGNIFICA COOPERAZIONE CON GLI ALTRI AMBITI DELLA SALUTE: LA VISIONE DI UN NUOVO PARADIGMA INCLUSIVO FRA ARTI OLISTICHE, PSICOLOGICHE E MEDICHE
Lo sguardo NovaTherapy® è rivolto all’orizzonte di un nuovo paradigma umano in cui medicina e arti non mediche della salute e del benessere si uniscono, offrendo alle persone la possibilità di essere curate, educate, seguite e trattate nell’integrità fra fisiologia-patologia, funzione-disfunzione, anima-spirito. Per realizzare questo ci vogliono professionisti non medici umili, coscienti prima di tutto dei limiti della loro pratica e disposti ad imparare come riconoscere le situazioni in cui è necessario inviare la persona ad altri professionisti di competenza medica, affinché la persona possa veramente beneficiare di un trattamento Olistico autentico e degno di questo nome. Allo stesso tempo servono professionisti del settore medico e psicologico, coraggiosi. Cioè capaci di andare oltre la prassi protocollare e dunque autenticamente interessati alla salute e al benessere delle persone. Altrettanto umili da riconoscere il mistero della natura umana, di modo che tale umiltà culmini nell’etica scientifica dove scienza e coscienza sono in perfetta armonia, donando al Dotto che ne è portatore il Coraggio – la forza che nasce dal Cuore – di imparare a considerare il linguaggio dell’Anima e dello Spirito Umano come parte fondamentale del benessere e della salute ottimali. Anima e Spirito, relazione preriflessiva da cui emerge l’unicità irripetibile dell’Essere Umano, quel connubio misterioso che in NovaTherapy® chiamiamo Espressività!
In questo scenario, medico e terapeuta – non medico – sono alleati. Saldi nell’Etica, umili nella conoscenza e nella collaborazione; consapevoli delle potenzialità e dei limiti dei loro ambiti di competenza e dell’umanità che li accomuna; e soprattutto consapevoli del potenziale della loro cooperazione. Entrambi impegnati nella missione nobile di portare beneficio al prossimo in modi diversi e su piani diversi, ma pur sempre collegati fra loro. Piani di riferimento complementari, non solo in senso operativo ma soprattutto in senso naturale: l’Essere Umano è, nella sua espressione naturale, integrato in ogni aspetto che lo caratterizza e per questo fisiologia e patologia, mente e psiche, corpo e anima sono integrati fra loro. Separabili solo a scopo conoscitivo e didattico ma sul fronte clinico operativo, soprattutto quando si parla di Benessere, devono essere rispettosamente considerati nella loro espressione globale e soggettiva.
In questo nuovo orizzonte paradigmatico, il medico si apre alla comprensione del mistero insondabile della natura umana, fatta di Anima e Spirito, imparando a riconoscere il valore delle Arti che si interessano e interagiscono con questa dimensione esistenziale. Per fare questo il medico, saggio, si dispone a mettere fra parentesi la sua tecnica scientifica.
Allo stesso tempo, il terapista non medico si impegna a mettere fra parentesi la sua sensibilità intuitiva – affine all’interazione con la dimensione misterica dell’Essere Umano – per integrare la sua conoscenza della fisiologia umana allo scopo di essere sempre più preparato e umile nel cedere il passo al medico quando si rivela necessario. Come il medico, aperto e umile, cede il passo al terapista non medico quando emerge la necessità di potenziare le risorse espressive dell’Anima, affinché le sue cure mediche possano essere supportate e rinforzate sia nel ripristino della salute che del benessere globale della persona. Il tutto in perfetta armonia, collaborando e cooperando gomito a gomito, veramente e autenticamente, per il bene delle Persone.
Purtroppo, la realtà attuale è ancora lontana da tutto questo. Anche se ci sono presupposti incoraggianti, situazioni ancora circoscritte, forse rare, in cui professionisti medici e non medici come i kinesiologi cooperano in scienza e coscienza fuori da ogni sterile o pavido pregiudizio.
Mi auguro che il futuro possa rivelarsi florido di queste cooperazioni multidisciplinari di cui c’è sempre più bisogno. Un bisogno per la scienza di recuperare coscienza e della coscienza – dell’Anima – di recuperare il senso scientifico più elevato. In altre parole: gli scienziati devono aprirsi alla coscienza nella conoscenza – tutta –, non solo scientifica ma soprattutto Umana; e gli Olistici devono uscire da certi stagni di ignoranza e presunzione, smettere di “scimmiottare” i medici, e mettersi con umiltà ad arricchire la loro conoscenza scientifica. Aprendosi anche loro al dialogo cooperativo e collaborativo, prima di tutto con i loro colleghi ed entro i loro ambiti interdisciplinari di competenza, contribuendo così al loro sviluppo professionale, in scienza e coscienza.
Lo studio dell’Essere umano non può essere completamente ridotto al meccanicismo scientifico; ma allo stesso tempo non può essere completamente ridotto all’empirismo intuitivo delle arti olistiche, come la kinesiologia. Serve convergenza di rotta, conciliando fra loro pensiero empirico – pensiero analitico speculativo – sensazione intuitiva. Serve che gli Scienziati imparino a Sentire col Cuore e gli Olisti a Pensare col Cervello!
Per saperne di più sulla kinesiologia leggi anche gli articoli:
Articolo di:
Fabio Valenzisi
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