
Il Dr. Terence Bennett, chiropratico californiano, attorno agli anni ’30 descrisse delle zone poste sul cranio capaci di influenzare per via riflessa l’irrorazione sanguigna di visceri e organi.
Nell’ambito delle arti kinesiologiche applicate queste zone sono conosciute come riflessi neurovascolari, o più comunemente punti neurovascolari; nel linguaggio tecnico il termine viene abbreviato con la sigla NV.
Grazie alla ricerca del Dr. George Goodheart, chiropratico e padre della kinesiologia applicata, questi riflessi vennero studiati a fondo e in seguito inseriti nella prassi ordinaria della kinesiologia.
Goodheart scoprì che stimolando col polpastrello i punti neurovascolari di Bennett era possibile ripristinare la forza di un muscolo debole al test kinesiologico; a seguito di questa osservazione Goodheart proseguì nella sua ricerca empirica che culmino nell’associazione specifica dei principali riflessi neurovascolari con visceri, organi e muscoli. Da allora questi riflessi divennero parte fondamentale delle metodologie di base della kinesiologia applicata e di tutti i suoi orientamenti metodologici derivati.
Quando un riflesso neurovascolare si presenta attivo, viene stimolato con una leggera pressione ed un leggero stiramento della cute in varie direzioni, nell’area di un paio di centimetri, per un tempo variabile: generalmente alcuni secondi o minuti ma si può arrivare anche a mezzora e oltre, dipende dal contesto soggettivo della persona trattata e da quello che il kinesiologo intende ottenere in funzione della procedura adottata. Per esempio, il ciclo neurovascolare è un tipo di trattamento generale che richiede almeno 30 minuti di stimolazione consequenziale di tutti i riflessi neurovascolari del cranio. Va specificato che la durata della stimolazione dipende molto dal tempo di risposta di ogni riflesso, infatti lo stimolo si ottiene quando si avverte una chiara pulsazione, un palpito sotto i polpastrelli, differente dal ritmo cardiaco. Pertanto, il tempo complessivo di stimolazione di un singolo riflesso o di un intero ciclo neurovascolare può variare notevolmente in base alle caratteristiche soggettive della persona trattata. In pratica, dipende da quanto impiega un riflesso a manifestare la sua pulsazione “microvascolare”.
Il metodo utilizzato per valutare se un riflesso neurovascolare è attivo oppure no è la TL o “localizzazione terapeutica” associata al test kinesiologico: se, toccando un riflesso NV, un muscolo varia la sua forza al test muscolare kinesiologico siamo in presenza di un riflesso attivo e pertanto deve essere stimolato; quando invece la TL non rivela nessuna variazione al test muscolare, significa che il riflesso non è attivo o è stato corretto.
COME TROVARE I PUNTI NEUROVASCOLARI
Per effettuare un trattamento efficace dei riflessi neurovascolari è fondamentale sapere dove sono e soprattutto come trovarli, ciò può avvenire soltanto attraverso una specifica conoscenza anatomica del cranio e dei suoi punti di repere craniometrici. Pertanto, non solo è necessaria la conoscenza delle ossa craniche e delle rispettive suture, ma bisogna anche conoscere e saper distinguere le differenti superfici delle ossa craniche e i loro punti di riferimento ossei: i punti di repere craniometrici costituiscono le zone dove sono localizzati più di frequente i riflessi neurovascolari. Senza conoscere questi punti di repere anatomico non è possibile localizzare con precisione e quindi trattare qualsiasi riflesso neurovascolare.
Repere significa “reperire”, “trovare”: in generale i punti di repere sono aree specifiche di localizzazione anatomica del corpo umano, definiti dagli anatomisti da un lessico comune allo scopo di determinare una regione del corpo in modo universale. Spesso si sovrappongono a zone o aree di riferimento anatomico anch’èsse distinte da nomenclature specifiche, come accade per esempio per la Protuberanza esterna dell’osso occipitale che corrisponde al punto craniometrico Inion.
Queste definizioni univoche permettono di trovare la posizione esatta di aree del corpo specifiche rispetto ad altre e di orientarsi nella ricerca anatomica e nella sua descrizione. Pertanto nella pratica professionale il kinesiologo deve conoscere bene i punti di repere del cranio, allo scopo di saper trattare con precisione ogni riflesso neurovascolare.
In sintesi possiamo dire che la conoscenza dei punti di repere, non solo del cranio ma dell’intero corpo umano, permette di comunicare e/o localizzare la posizione di un’area del corpo in modo preciso, limitando equivoche approssimazioni. Per questi motivi nelle arti kinesiologiche applicate, la conoscenza dei punti di repere è molto importante sia nella formazione che nella pratica professionale, al fine di comprendere con chiarezza l’anatomia topografica di superfice e soprattutto saper individuare la posizione precisa di ogni tipo di punto riflesso situato in tutto il corpo, allo scopo di stimolarlo nel modo consono alla sua tipologia. In tal senso non fanno eccezione i riflessi neurovascolari: le tavole sinottiche certamente aiutano, tuttavia nella comunicazione professionale la conoscenza approfondita dei punti craniometrici e delle zone ossee è fondamentale non solo per saper localizzare un riflesso neurovascolare ma anche per comprendersi fra colleghi, fra docenti e allievi, oltre a garantire un’agevole manualità applicativa durante un trattamento. Al cliente/paziente di certo non interessa sapere che per esempio il punto neurovascolare correlato al muscolo grande rotondo si trova due cm sotto lo Pterion, ma al professionista e all’allievo sì!
TAVOLE SINOTTICHE DEI PUNTI NEUROVASCOLARI
Nelle tavole seguenti sono rappresentati diversi punti, zone e aree; la loro utilità è duplice: offrono una panoramica della localizzazione dei riflessi neurovascolari e allo stesso tempo costituiscono un’utile riferimento per lo studio dei principali punti di repere del cranio: le definizioni relative ai riflessi neurovascolari sono quelle di colore giallo, spesso corrispondono a punti craniometrici o di riferimento anatomico; le definizioni di colore bianco sono nomenclature craniometriche o punti anatomici di riferimento, utili per orientarsi sul cranio nella localizzazione di certi riflessi neurovascolari situati in zone intermedie o su parti anatomiche estese.
Sulla tavola anatomica del cranio i punti di repere e i neurovascolari sono quasi tutti di colore rosso/rosato; di colore blu alcune aree di riferimento anatomico, necessarie per poter localizzare certi riflessi NV. Qui prenderemo in considerazione soltanto la descrizione dei principali riflessi neurovascolari adottati in kinesiologia applicata e in generale nelle arti kinesiologiche applicate; e le associazioni riflessogene relative alle aree cerebrali.

BREGMA: aree motorie.
EMINENEZE O BOZZE FRONTALI: aree del pensiero conscio associativo e dell’elaborazione emotiva; integrazione dell’apprendimento.
ESTREMO MEDIALE DELL’ARCO SOPRACILIARE, AI LATI DELLA GLABELLA: area ipotalamica-ipofisaria, correlata ai comportamenti reattivi allo stress.

STEPHANION: integrazione fra movimento e pensiero conscio associativo.
EMINENZE PARIETALI: aree legate alla percezione del sé, alla sensibilità corporea e propriocettiva.
SUTURA TEMPOROPARIETALE: aree dell’integrazione uditiva.
EPI-PTERION: correlato agli emisferi uditivi e all’espressione verbale.
IPO-PTERION: equilibrio della colonna vertebrale.
ASTERION: elaborazione e integrazione delle informazioni percettive; coordinazione delle relazioni sensoriali, spaziali e motorie.
APICE MASTOIDEO: equilibro emotivo e dei comportamenti sociali.
GONION: area stomatognatica e percezioni trigeminali.
VERTEX-OBELION: integrazione delle percezioni sensitive.
EMINENZE PARIETALI: aree legate alla percezione del sé, alla sensibilità corporea e propriocettiva.
LAMBDA: aree visive e ghiandola pineale (epifisi).
PUNTO INTERMEDIO COMPRESO FRA LAMBDA E ASTERION: integrazione delle informazioni percettive visive e uditive.
ASTERION: elaborazione e integrazione delle informazioni percettive; coordinazione delle relazioni sensoriali, spaziali e motorie.
APICE MASTOIDEO: equilibro emotivo e dei comportamenti sociali.
INCAVI NUCALI: aree cerebellari associate alla percezione spaziale e all’equilibrio.
STEPHANION: integrazione fra movimento e pensiero conscio associativo.
BREGMA: aree motorie.
VERTEX-OBELION: integrazione delle percezioni sensitive.
EMINENZE PARIETALI: aree legate alla percezione del sé, alla sensibilità corporea e propriocettiva.
LAMBDA: aree visive e ghiandola pineale (epifisi).
LA FUNZIONE DEI PUNTI NEUROVASCOLARI, SECONDO L’ORIENTAMENTO KINESIOLOGICO NOVATHERAPY®
Le associazioni appena descritte sono relative alle aree corticali cerebrali proiettate nei riflessi NV. In via generale si riferiscono a specifiche zone funzionali localizzate sui vari lobi del cervello, riprendendo in larga misura le mappe delle regioni cerebrali elaborate da Brodmann e da Von Economo.
Nella didattica classica della kinesiologia applicata si pone l’attenzione alle associazioni dei riflessi NV con muscoli specifici, tralasciando le associazioni riflesse di proiezione cerebrale.
In effetti nella bibliografia classica della kinesiologia applicata le spiegazioni sui riflessi NV sono piuttosto scarse. E nonostante ci siano diverse descrizioni sulla funzione dei NV situati sulle bozze frontali, in merito all’ipotesi che la loro stimolazione favorisca la riattivazione delle aree prefrontali del cervello; a parte queste indicazioni minime, riguardo a tutti gli altri riflessi NV non si menziona nulla che riporti le medesime funzioni di attivazione attribuite alle bozze frontali. Eppure, se il principio di attivazione riflessa della aree di proiezione cerebrale vale per i NV delle bozze frontali, per via di logica vale per tutti gli altri NV e le loro aree cerebrali riflesse. Per questi motivi, secondo l’orientamento NovaTherapy®, è importante mettere in evidenza le correlazioni di proiezione corticale dei NV: perseguendo l’ipotesi interessante sulle proprietà riflessogene che i NV avrebbero nel favorire il microcircolo vascolare della corteccia cerebrale, stimolando in modo naturale il funzionamento delle aree riflesse.
Il principio a cui si rifà questa osservazione è quello dello spostamento di sangue dalle zone superiori del cervello a quelle più profonde durante periodi o momenti di intenso stress: quando lo stress diventa ingestibile, le priorità biologiche dell’organismo si riducono a quelle più primitive, vale dire che sotto stress il nostro sistema biologico si prepara a combattere o a fuggire da una fonte stressante percepita come minacciosa per la sopravvivenza. Tale priorità biologica giustifica l’attivazione fisiologica della aree cerebrali progettate per sopravvivere ad ogni costo: autoconservazione, protezione e difesa della specie/territorio. Queste aree sono situate nella zone più profonde del nostro cervello, generalmente indentificate nel sistema limbico e nel tronco cerebrale.
Pertanto sotto stress il sistema corporeo tenderà ad una maggior irrorazione sanguigna delle aree primitive deputate ai meccanismi di sopravvivenza primitivi, a scapito dell’irrorazione ottimale delle aree superiori della neocorteccia, deputate al pensiero fine e consapevole. In pratica, per capire meglio questo stato di attivazione, possiamo ricordare per esempio quella volta che abbiamo avuto un periodo molto difficile da superare, in cui la nostra sicurezza era minacciata da situazioni stressanti come un licenziamento, problemi finanziari, conflitti nei rapporti con i colleghi, liti o discussioni famigliari per questioni di eredità, forti conflitti esistenziali o cambiamenti. In situazioni simili, protratte anche per periodi medio-lunghi, come risposta alla minaccia – percepita soggettivamente rispetto ai suoi fattori reali e/o presunti – il sistema psicobiologico attiva i suoi processi primari di reazione, costituiti da risposte primitive assimilabili alla lotta o alla fuga: in questo stato di allarme diventa difficile rilassarsi, pensare con lucidità e/o affrontare la situazione in modo fluido, creativo e ragionevole. Ci comportiamo di fatto come animali in preda a una minaccia: non c’è spazio per il rilassamento o la valutazione consapevole dell’evento stressante. Si reagisce in automatico e secondo gli schemi di sopravvivenza che abbiamo consolidato nel tempo in noi, quei comportamenti o reazioni meccaniche che in passato ci hanno aiutato a “sfangarla”, che percettivamente ci hanno fatto e ci fanno sentire al sicuro. Già, ma a quale costo? Spesso il costo, per l’essere umano autocosciente, è la perdita della propria consapevolezza, della lucidità necessaria per operare scelte sulla base integrata fra pensiero analitico, sentimento e pensiero intuitivo: reagiamo in preda alla paura e alla rabbia, diventando la versione più primitiva di noi stessi, predatori o preda. “Gli esseri umani quando hanno paura diventano cattivi” e agiscono in modo stupido e/o sprovveduto.
Solo quando torna la calma, forse, siamo in grado di recuperare la lucidità necessaria per uscire dagli schemi comportamentali primitivi di sopravvivenza, mettendo in atto risposte e/o strategie efficienti; usando l’intelligenza anziché l’impulsività primitiva.
La calma e il rilassamento, quando sono autentici, ridanno la possibilità al sistema psicobiologico di ottimizzare nuovamente l’afflusso sanguigno alle aree cerebrali superiori, riportando la funzione cerebrale allo stato integrato e dunque più efficiente nella gestione dello stress: condizione ottimale adatta a risolvere i problemi umani che più ci affliggono, e per trovare soluzioni in linea con la nostra condizione di esseri umani autocoscienti.
L’afflusso sanguigno ottimale al cervello costituisce la base funzionale del comportamento lucido: mantiene alti i livelli di energia psichica necessari a contenere e padroneggiare la preda e il predatore che alberga nei programmi primitivi del cervello di ognuno di noi.
La stimolazione dei riflessi NV ha lo scopo di ottimizzare i processi di vascolarizzazione cerebrale, favorendo l’attivazione delle zone cerebrali deputate alle funzioni complesse e ai comportamenti funzionali come la coordinazione spaziale, la percezione di sé, il pensiero laterale organizzato, la creatività, la motivazione, l’organizzazione, la gestione integrata delle emozioni e di tutte le capacità raffinate costituite dalla coscienza umana nella sua espressione più elevata.
In altre parole, la stimolazione dei riflessi NV favorisce l’equilibrio energetico dei processi cerebrali che stanno alla base dell’espressività e della consapevolezza Umana.
Allo scopo di offrire informazioni eticamente corrette dobbiamo tenere ben presente che allo stato attuale non ci sono evidenze scientifiche attendibili per attestare con certezza la funzione dei riflessi neurovascolari. Tuttavia, secondo l’esperienza maturata nella pratica professionale e didattica della kinesiologia, ci sono riscontri empirici sufficienti che giustificano la formulazione di ipotesi come quella esposta in questo articolo. Chi avrà cura di offrire risorse e impegno per istituire studi di ricerca adeguati per confutare tali ipotesi, potrà confermare o scartare scientificamente la questione. Per il momento, saranno d’accordo con me i colleghi, noi kinesiologi continuiamo a riscontrare quotidianamente degli effetti dopo la stimolazione dei riflessi neurovascolari. Effetti che, sia anche solo per il rilassamento indotto nel soggetto, favoriscono uno stato di benessere da tenere in considerazione: come accade ad esempio con la tecnica di allentamento dello stress emotivo – A.S.E. –, che consiste nella stimolazione dei NV delle bozze frontali. Tale tecnica pare proprio favorire lo stato di rilassamento ottimale e specifico per sentirsi più lucidi, concentrati, creativi con capacità di gestione dello stress rinvigorite. Ma alla scienza non interessa la dimensione soggettiva del “sentito”, interessa l’oggettività replicabile; ma purtroppo non mi risulta esistano fonti che riportano di ricerche specifiche sui riflessi neurovascolari e i loro possibili effetti sul cervello. Se qualche lettore è a conoscenza di studi scientifici in merito, è invitato a indicare le fonti nei commenti o scrivendo in privato nella sezione contatti del sito.
Comunque sia, anche certe tecniche adottate per esempio in psicologia e alcuni suoi orientamenti metodologici sono sovente criticati di non essere propriamente scientifici, nel senso Popperiano del concetto di “scientifico”. Perciò, seguendo l’esempio della psicologia, in scienza e coscienza continueremo ad utilizzare i riflessi neurovascolari, nella peggiore delle ipotesi staremo aiutando la persona “semplicemente” a rilassarsi.
Ma siete davvero sicuri che rilassarsi sia una cosa così semplice e scontata, di questi tempi?
Articoli consigliati:
– Perché le kinesiologia non è scientifica.
– Ciclo Neurovascolare.
Articolo di:
Fabio Valenzisi
Bibliografia essenziale:
– D. S. Walters, D.C., “Kinesiologia Applicata – Synopsis” (1993); Ed. Castello.
– D. S. Walters, D.C., “Kinesiologia Applicata – Volume II” (1996); Ed. Castello.
– R. Dujany, “Teoria e impiego pratico della kinesiologia applicata” (2003); Ed. Tecniche nuove.
Le informazioni contenute in questo post non sono indicazioni o prescrizioni mediche, hanno il solo scopo di informare. Al fine di agire nel rispetto del proprio corpo e bene farsi seguire da operatori del benessere accreditati e consultare sempre il proprio medico.
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