
A quasi due anni ormai, dall’inizio “dell’emergenza sanitaria” scaturita dall’epidemia che ci ha messo di fronte a misure restrittive che mai avremmo pensato di dover affrontare e subire, come i tanto discussi lockdown, il distanziamento e ad oggi l’agghiacciante “passaporto verde”, si è di fatto venuta a creare una profonda crepa sociale fra le persone. Sono tante, infatti, le categorie attribuite alle diverse fazioni di pensiero: no vax, pro vax, free vax, complottista, no green pass, pro green pass ecc…
Alla luce di questi fatti, poche sono le persone a chiedersi quale sia l’impatto sull’equilibrio sociale e la reale funzione di queste categorie che vengono attribuite ai propri simili con tanta “leggerezza”, assumendo in certi contesti perfino il tono della discriminazione di gruppo. Dai giornali alle televisioni se ne fa largo utilizzo e non solo in questo periodo, possiamo dire che da “sempre” gli apparati di informazione usano come base comunicativa la strategia della categorizzazione, creando neologismi da fare invidia all’Accademia della Crusca. Ogni persona dovrebbe intelligentemente interrogarsi su questo fenomeno generato dai media di informazione e dalla politica, un modus operandi attraverso cui plasmano, bisogna dirlo, le pigre menti di una grande fetta di società. Pertanto, ho deciso di offrire ai lettori del nostro blog un osservazione analitica della questione, non sui meccanismi politici e giuridici aberranti prodotti dal contesto sociale attuale, di cui si trovano ormai numerosi e dettagliati articoli e video; in linea con la nostra filosofia voglio mettere luce sulle dinamiche umane, sugli aspetti impliciti indotti dagli apparti mediatici, mettendo in evidenza quel gioco fallace del “noi vs loro” e sui rischi per il benessere collettivo e individuale, di cui abbiamo già accennato più indirettamente in un precedente articolo: Obbedienza all’autorità. Dove abbiamo descritto l’esperimento condotto dallo psicologo Stanley Milgram e facendo qualche riflessione sulle possibili implicazioni attuali, correlate ai risultati dell’esperimento.
Con lo svolgersi degli eventi di questo ultimo anno, negli ultimi mesi ho avuto un tarlo in testa che non posso più ignorare, soprattutto dopo la fatidica data del 15 ottobre. Questo tarlo nasce dalla lettura di un libro che feci anni fa: “l’Effetto Lucifero”, scritto dallo psicologo sociale Phlilip Zimbardo dove pubblica il resoconto del suo famoso esperimento carcerario condotto all’Università di Stanford, di cui sono stati prodotti anche alcuni film.
Il mio tarlo mentale si è fatto più forte dopo aver assistito di persona ad alcuni stereotipi con cui molte persone si riempiono la bocca in certe occasioni, quando si da libero sfogo alla conversazione e alla socialità; tanti sono convinti di questi stereotipi e la cosa farebbe sorridere se non facesse piangere. Un esempio, sono le valanghe di frasi fatte e aforismi messi in bella mostra sui profili personali dei social. Frasi che implicitamente rimandano agli stereotipi oggetto della mia riflessione il cui messaggio generale può essere riassunto nella “bontà d’animo” e a tutte le possibili derivazioni relative alla solidarietà, fratellanza, amicizia, amore, tolleranza, uguaglianza. Ho letto su facebook frasi decorative poste sulle foto profilo con scritte del tipo “no al razzismo”, “qui ci abita un antifascista”, “ama chi ti pare”; slogan il cui scopo rischia di essere quello di mostrare insipidamente al mondo quanto si è bravi e buoni, soprattutto se teniamo conto che ogni schieramento crea i presupposti di separazione e di divisione fra le persone. Mi viene in mente una frase di Madre Teresa che dice: “non parteciperò mai a manifestazioni contro la guerra. Chiamatemi quando organizzerete una manifestazione per la Pace!”, questa frase racchiude in sé la consapevolezza che ogni “contro”, “anti” e qualsiasi appellativo di fazione alimenta e nutre proprio quello scenario che intendiamo evitare.
La cosa triste, è vedere poi quelle stesse persone inveire nei commenti o peggio ancora nelle conversazioni mondane, con palese odio, contro chi nutre punti di vista diversi, utilizzando come pappagalli le categorie di neologismi sentite alla tv o lette sui giornali. Tradendo profondamente il senso degli aforismi e delle frasi usate sui loro profili, bacheche social o portate sulla ribalta di qualche discussione fra amici. In molti casi siamo in presenza di ipocrisia, ipocrisia allo stato puro!
A queste mie affermazioni molti saranno pronti a razionalizzare, usando frasi giustificative del tipo: “sono stanco di avere a che fare con dei coglioni, quando ci vuole ci vuole!” Frasi di questo tipo mettono in evidenza la poca attitudine ad osservare sé stessi, uno stato di coscienza simile al sonnambulismo che rende il soggetto incapace di accorgersi delle dissonanze prodotte dai suoi stessi atteggiamenti dissonanti e frammentari. Come se la personalità fosse divisa in compartimenti stagni dove risiedono quelle istanze psichiche chiamate Io: si tratta di una condizione comune, un tratto tipico della normalità di cui abbiamo la prova non solo nelle persone di media cultura ma anche in numerose persone dotte e acculturate, da cui non ci si aspetterebbe mai un comportamento incoerente e dicotomico tendente all’ipocrisia inconsapevole. Sono probabilmente quel 60% messo in evidenza da Milgram nel suo esperimento: persone normali, la cui vita quotidiana è mossa da motivazioni pro-sociali ma che vengono facilmente offuscate da meccanismi psicologici come il conformismo, la deumanizzazione e la diffusione di responsabilità. E infatti, come dimostrato dall’esperimento di Milgram, sono persone capaci nonostante i loro valori e l’innocente normalità pro-sociale di infliggere scariche elettriche mortali al prossimo. Sono queste persone, a mio avviso, a correre facilmente il rischio di essere “infettate” dal Lucifer Effect – L’Effetto Lucifero.
Perché dico tutto ciò? Ora te lo spiego.
CATTIVI SI NASCE O SI DIVENTA?
Nella cultura media di massa è largamente diffusa l’idea che l’attitudine a compiere il male sia il prodotto di una volontà malata o perversa, cioè di un’inclinazione personale. Di norma la persona media è convinta ingenuamente che il male sia commesso solo da persone violente che scelgono di esserlo, oppure da soggetti patologici mentalmente disturbati. Questo modo di pensare, questa convinzione, fa presa sul senso comune perché rassicura, portando quindi a considerare il male qualcosa di eccezionale: ci si convince dell’eccezionalità del male e della sua presenza solo in certi ambienti e in certe persone, come ad esempio le situazioni sociali o famigliari degradate, la criminalità organizzata e i malviventi. Tale convinzione permette agli individui di proiettare il male sull’Altro, all’esterno di sé, conservando così una buona immagine di sé stessi e generando una distanza psicologica costellata da atteggiamenti impliciti di biasimo o severa condanna che portano l’individuo ad espressioni tipo: “io non farei mai una cosa del genere!” oppure “non mi macchierei mai di un simile misfatto!”, “io non agirei mai come quei criminali!”.
Mi dispiace per i sostenitori del vittoriano politicamente corretto tanto in voga di questi tempi ma purtroppo le cose stanno in un altro modo. La convinzione che il male sia qualcosa di distante da noi e riguardi solo certe persone criminali o disturbate ha la stessa valenza di una favola della buona notte o di una storiella puerile raccontata a sé stessi per rassicurarsi l’animo e continuare a dormire nel proprio sonno verticale costituito da ignavia, stupide lamentele e inenarrabile indifferenza per il prossimo. Le evidenze di questo le ha prodotte il Dr. Philiph Zimbardo, psicologo sociale italoamericano, con il suo famoso esperimento carcerario condotto nel 1971: l’Esperimento Carcerario di Stanford. Di cui ha parlato in un libro, l’Effetto Lucifero, pubblicato 30 anni più tardi.
L’EFFETTO LUCIFERO
L’effetto lucifero riguarda il complesso di circostanze capace di scatenare aggressività e odio negli individui normali.
Fin da giovane Zimbardo, figlio di immigrati italiani cresciuto nel Bronx, si era chiesto cosa spingesse i giovani dei quartieri a rischio verso la delinquenza e il carcere. Così studiò il problema con un gruppo di ricercatori dell’università di Stanford dal 14 al 20 agosto 1971 simulando con 24 volontari le dinamiche di un carcere nei sotterranei dell’università. L’esperimento fu interrotto solo dopo sei giorni a causa delle violenze che il gruppo di ricercatori non riusciva più a controllare e a contenere; e mise in evidenza come il condizionamento sociale che si sviluppa in alcune situazioni può portare un individuo “normale” ad agire in modo radicalmente diverso dai suoi valori e comportamenti abituali.
L’esperimento carcerario di Stanford ha mostrato che l’Effetto Lucifero, cioè l’origine del male, è presente in ogni individuo e può manifestarsi in presenza di una serie di condizioni.
LA DEINDIVIDUAZIONE
Cioè la spersonalizzazione: la perdita di individualità sia nelle vittime che nei carnefici. Zimbardo ottenne queste condizioni facendo indossare divise identiche sia ai volontari che impersonavano le guardie, sia a quelli che impersonavano i detenuti. E dando ad ogni gruppo marchi identificativi come occhiali a specchio e manganelli per le guardie, cappelli di calzamaglia e catena legata a una caviglia ai detenuti. Tali marchi rendevano i gruppi ben distinti, rendendo i soggetti non più singoli individui ma perfetti esemplari di una categoria ben definita.
La deindividuazione è il primo passo verso le forme di discriminazione sociale, perché induce nell’individuo la percezione di se stesso e dell’altro non più come persona ma come apparato di un sistema di gruppo, scandito da norme arbitrarie che offuscano pericolosamente gli autentici valori umani di cui tanti dicono d’essere sostenitori. Ecco che gli slogan in bella mostra e gli aforismi pubblicati sui profili social o i “sermoni” appioppati agli amici nelle conversazioni mondane, possono discostarsi parecchio dai comportamenti realmente adottati. In tal caso, bisogna essere onesti e ammettere che in questo modo si sta gettando il seme della propria e altrui spersonalizzazione; dimostrando, attraverso le dissonanze fra ciò che si professa e ciò che poi davvero si fa, l’opposto di quello che questi esemplari “ingenui” vorrebbero far arrivare agli altri come messaggio di sé. Insomma son tante le persone che predicano bene e poi razzolano male!
LA DEUMANIZZAZIONE
Questa è la seconda condizione che porta l’individuo contagiato dall’effetto lucifero a ridurre i propri simili, le persone, a cose o animali. Dinamica che si instaura facilmente nelle così dette istituzioni totali come il carcere o il campo di concentramento. Ma anche nelle istituzioni più tenui come i reparti psichiatrici, le case di cura o gli ospedali – nei mesi passati abbiamo avuto esempi lampanti di questa dinamica attraverso le affermazioni mosse contro i così detti “no-vax” da certi professionisti del settore sanitario: medici e infermieri; o del settore mediatico giornalisti televisivi, opinionisti ecc… Affermazioni pubblicate in bella mostra sui social, dette in tv e pubblicate con indignazione sui giornali -.
La deumanizzazione consiste infatti nella riduzione delle persone a oggetti di misura, come avviene nei provvedimenti burocratici uniformi e insensibili alle differenze; ciò è stato largamente studiato nella storia passata dei campi di concentramento, nei lager e nelle misure giuridiche dei regimi totalitari – su quest’ultimo punto, ogni riferimento alla situazione attuale non è casuale –. In certe situazioni la deumanizzazione viene rafforzata da fenomeni come il razzismo o in modo più subdolo da dinamiche come il senso di appartenenza a un gruppo orientato ad una particolare categoria di pensiero, facendo leva sulla deindividuazione: come accade oggi con i concetti relativi alle etichette “no-vax”, “pro-vax”, “free-vax”, “complottista”, “no-green pass” e altri appellativi derivati. Molti si ricorderanno come siano state definite le persone non allineate al pensiero comune rispetto al tema dei vaccini, da alcune personalità illustri della televisione: “sorci”, “poltiglia verde”; “devono essere impallinati col piombo” o “sputategli nelle pietanze”. Tali affermazioni portano il seme dell’Effetto Lucifero: spersonalizzano e deumanizzano le persone. E dimostrano come anche un concetto ideologico possa essere usato, attraverso categorizzazioni e attribuzioni arbitrarie, per ghettizzare ideologicamente una fascia di persone che non vengono viste più come tali, ma attraverso un filtro disumano che ne estirpa l’umanità riducendo la persona a un concetto ideologico, a una cosa, un animale; favorendo la percezione di un certo gruppo di persone come inferiori: “tu la pensi diversamente dunque sei inferiore rispetto a me e al mio gruppo; inferiore come un sorcio. Tu e tutti quelli come te devono stare rinchiusi, distanti e lontano da quelli che pensano bene, cioè noi, quelli superiori!” Per certi versi quelle tristi affermazioni si possono parafrasare più o meno così.
LA DIFUSSIONE DI RESPONSABILITÀ
Condizione di gruppo in cui ognuno vede l’altro comportarsi in modo violento così che il proprio comportamento non differisce da quello degli altri. Può essere descritto in pratica così: siccome la mia famiglia, i miei amici o compagni di lavoro odiano i “no vax”, allora mi comporto anch’io così (occhio a trarre conclusioni affrettate, sono dinamiche subdole e insidiose che possono prendere in contropiede senza che te ne accorgi, quindi prima di azzardare commenti del tipo “non è il mio caso”, stai vigile e osservati obbiettivamente…poi, se ti è andata bene, parli). Ma la condizione davvero fondamentale perché scatti l’Effetto Lucifero è l’obbedienza acritica all’autorità, cioè l’incapacità di mettere in discussione un ordine, un comando, una regola o una legge anche quando viola i propri principi o il proprio senso di umanità. Devo proprio descrivere anche questa riportandoti degli esempi pratici sull’attualità? Dai, non scherziamo!
L’ETERODIREZIONE
Riguarda la scarsa indipendenza di giudizio e la subordinazione ad opinioni, valori e comportamenti di altri. Sposi un punto di vista perché “tutti” la pensano in quel modo? Se la risposta è sì, sei eterodiretto o eterodiretta. Ti piace come prospettiva? No? Allora svegliati!
IL CONFORMISMO
Cioè agire come gli altri senza chiedersi il perché. Fai quello che fanno gli altri senza chiederti come faresti tu? Se sì, sei conformista! Quindi svegliati, ascolta il tuo cuore se vuoi vivere anziché sopravvivere!
SPUNTI DI RIFLESSIONE SULL’EFFETTO LUCIFERO E SUI SUOI POSSIBILI EFFETTI ANTI-SOCIALI
L’analisi di Zimbardo e la concezione situazionale del male possono spiegare diverse circostanze cui gli psicologi sociali cercavano risposte nel secondo dopo guerra, cioè cosa spingesse normali cittadini o padri di famiglia a diventare dei carnefici una volta indossata la divisa del secondino nazista; ma può spiegare anche altri eventi drammatici come le crudeltà di cui sono stati protagonisti ex vicini di casa durante la guerra civile in Bosnia negli anni ’90 o in Ruanda, durante il massacro dei Tutzi.
L’Effetto Lucifero può dirci molto anche in relazione alla violenza nelle carceri, in certe caserme o durante i controlli di polizia: emblematici sono i casi di Stefano Cucchi, Giuseppe Uva e Federico Aldrovandi; o anche il bagno di sangue avvenuto nella caserma Bolzaneto e nella scuola Diaz nel 2001 durante il G8 di Genova .
Il Dr. Zimbardo si decise a pubblicare i risultati dell’esperimento carcerario solo quando trent’anni dopo vide in televisione le fotografie degli abusi e delle torture inflitte dai marines americani ai prigionieri iracheni di Abu Graib nel 2003. Non lo fece per scagionare quegli uomini e donne dalle loro responsabilità, ma perché la società capisse e si battesse contro centri di detenzione e guerre in cui l’Effetto Lucifero si scatena. O meglio, dal mio punto di vista, perché la società e soprattutto le persone singole capiscano l’importanza di orientare attenzione e impegno in favore dello sviluppo pieno della persona umana, nel pieno esercizio dei diritti umani, naturali e inalienabili. Allo scopo di concretizzare sulla terra quella meravigliosa società di cui tutti, nelle notti più serene, abbiamo qualche assaggio nei nostri sogni. Una società che non è perfetta ma che tende alla perfezione perché costituita da persone consapevoli della propria autentica natura umana, costituita da “Dottor Jekyll” e “Mr. Hyde” ma anche di anima e spirito. Una società dove l’essere umano si esprime liberamente, nella consapevolezza che un ambiente sociale gravido di situazioni inospitali fuori dalla portata Umana può far emergere la sua peggiore ombra. Pertanto, questo essere umano maturo opera in favore di un ambiente sociale veramente a misura d’uomo dove il male e la morte non vengono rinnegati e messi sotto il tappeto come la polvere, ma vengono contenuti, corretti e compresi con Saggezza. E nel caso della morte, accettata come il fatto più equo dell’intero creato; condizione dell’esistenza umana che tutti prima o poi dovranno sperimentare.
Dopo tutto, la realtà che ci circonda è prodotta dal luogo in cui posiamo maggiormente la nostra attenzione: se l’attenzione è orientata a contrastare il male a tutti costi, sarà proprio il male ad emergere attorno a noi.
Immagina se ognuno orientasse la propria attenzione a favore del bene e sull’esercizio dei diritti umani naturali, divini e inalienabili; che società sarebbe?
Tutti nasciamo Angeli e Demoni, ed è responsabilità di tutti favorire il bilanciamento di queste forze primitive, condizione essenziale affinché possa manifestarsi l’Anima e lo Spirito del bene nel nostro bistrattato mondo.
Articolo di:
Fabio Valenzisi
Bibliografia essenziale:
– Michael A. Hogg, “Psicologia sociale teorie e applicazioni”; Ed. Pearson.
– Philip Zimbardo, “L’effetto lucifero – cattivi si diventa?”; Ed. Scienza e Idee
Le informazioni contenute in questo post non sono indicazioni o prescrizioni mediche, hanno il solo scopo di informare. Al fine di agire nel rispetto del proprio corpo e bene farsi seguire da operatori del benessere accreditati e consultare sempre il proprio medico.
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