
– seconda parte dell’articolo “le origini della medicina moderna e le sue teorie” –
Nell’idea del contagium vivum come causa di una malattia epidemica, si evidenziano tre aspetti teorici importanti: il primo, l’idea che ci sia qualcosa di materiale o immateriale, il contagium, il quale si trasmette da un individuo malato ad uno sano, provocando la malattia; il secondo, il contagio deve essere vivum, un organismo semplice e visibile al solo microscopio capace di svilupparsi all’interno dell’organismo invaso; infine, il terzo, il batterio o germe è la causa specifica della malattia infettiva che si sviluppa nell’uomo sano o nell’animale che sia.
Le nuove prospettive sviluppate dalla rivoluzione medico scientifica

La nuova medicina scientifica, la microbiologia, consentiva ormai di tenere lontane le cause patogene e prevenire le malattie diventava più importante e più efficace che guarirle; i postulati di Henle, Klebs e Koch costituirono infine la base scientifica della nuova disciplina batteriologica, definendo i criteri per la determinazione delle cause specifiche delle malattie endemiche ed epidemiche.
Nel periodo compreso fra il 1885 e il 1890 si sviluppò una rivoluzione medico scientifica (con analoghi effetti sul piano socioculturale), derivata dalla microbiologia e conseguente scoperta di vaccini atti alla profilassi delle malattie infettive da essi provocate, che porterà all’abbandono delle teorie miasmatiche e all’identificazione di contagio e infezione.
Una malattia infettiva è dovuta alla presenza continua e costante di un germe specifico, anche se altri fattori – elementi climatici, terreno, ecc… – possono modularne l’azione. Nell’idea del contagium vivum come causa di una malattia epidemica, si evidenziano tre aspetti teorici importanti: il primo, l’idea che ci sia qualcosa di materiale o immateriale, il contagium, il quale si trasmette da un individuo malato ad uno sano, provocando la malattia; il secondo, il contagio deve essere vivum, un organismo semplice e visibile al solo microscopio capace di svilupparsi all’interno dell’organismo invaso; infine, il terzo, il batterio o germe è la causa specifica della malattia infettiva che si sviluppa nell’uomo sano o nell’animale che sia.
I prerequisiti per una radicale lotta alle malattie infettive erano dunque costituiti, e del miglioramento delle condizioni di salute e la conoscenza epidemiologica a livello complessivo, si fecero carico organizzazioni sanitarie internazionali, quali l’Ufficio d’Igiene della Lega delle Nazioni nel periodo fra le due guerre mondiali e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, poi.
I protagonisti della rivoluzione scientifica
Se infatti la formazione dei tumori, indipendentemente dalla loro localizzazione nel corpo, veniva ricondotta ad un’alterazione degli umori, allora ogni intervento chirurgico era inutile. La concezione di Virchow invece ridava importanza alla chirurgia, anche se era errata nella trattazione dei tumori multipli o metastasi, dove parlò di infezione, a causa di una sostanza tossica diffusa attraverso il sangue o i vasi linfatici.
Rudolf Virchow: si laureò presso l’ospedale più importante di Berlino, la ‘Charitè‘ nel 1843. Promosso professore di anatomia, il giovane Virchow venne incaricato nella primavera del 1848 dal governo prussiano di condurre una ricerca sulle cause di un’epidemia di febbre petecchiale scoppiata in Alta Slesia. Nella sua relazione Virchow diede una cruda descrizione della pessima situazione sociale in cui viveva la popolazione, per lo più composta da minatori e tessitori, che lottavano per sopravvivere precariamente.
Le sue idee sulla povertà come vera e propria causa di malattie gli crearono una serie di difficoltà politiche e lavorative.
Nel 1849, Virchow assunse a Würzburg la prima cattedra di anatomia patologica in Germania, appositamente creata per lui. Iniziò i suoi studi di antropologia e pose le basi per la successiva fondazione della patologia cellulare.
Dal 1849, durante il suo periodo come professore a Würzburg, iniziò una stretta collaborazione con Rudolf Albert von Kölliker e Friedrich Gustav Jakob Henle, anatomisti famosi e fondatori dell’istologia tedesca, e al suo ritorno a Berlino pubblicò un’esposizione sintetica della sua teoria, con lo scopo, come lui stesso scrisse “di fornire un panorama della natura cellulare di tutte le forme viventi, di quelle fisiologiche e patologiche, di quelle animali e vegetali, e di richiamare nuovamente alla coscienza l’unità della vita in tutte le forme organiche”.
Era questo un ulteriore tassello che si andava ad aggiungere agli sforzi compiuti da Giovanni Battista Morgagni, fondatore dell’anatomia patologica, nella patologia organica; da William Cullen nella patologia neurale, e da Marie François Xavier Bichat nella patologia tissutale per allontanarsi dalla concezione umorale ippocratica e galenica.
Nel 1845, Virchow, pubblicò un tema dal titolo “Sangue Bianco, una prima descrizione della leucemia” e l’anno successivo diede alla stampa una prima descrizione di un embolo dell’arteria polmonare come risultato di ricerche sperimentali.
Il nome di Virchow è internazionalmente legato alla patogenesi della trombosi, su cui pubblicò un trattato nel 1845.
Parlando di patologia cellulare e di Virchow non si può poi non nominare il suo trattato monografico “I tumori patologici”. In netto contrasto con la concezione di tumore del suo tempo, combatté contro l’importanza delle discrasie. Se infatti la formazione dei tumori, indipendentemente dalla loro localizzazione nel corpo, veniva ricondotta ad un’alterazione degli umori, allora ogni intervento chirurgico era inutile. La concezione di Virchow invece ridava importanza alla chirurgia, anche se era errata nella trattazione dei tumori multipli o metastasi, dove parlò di infezione a causa di una sostanza tossica diffusa attraverso il sangue o i vasi linfatici.
Pasteur fu il primo a riunire in un’unica concezione tutti gli aspetti della vita microbica inerenti alla fermentazione, la putrefazione ed il contagio; appariva però difficile, ai medici del tempo, accettare l’idea che esseri microscopici come i batteri potessero essere causa patogenetica dell’uomo e degli animali.
Louis Pasteur: Gli studi sulle generazioni spontanee delle malattie del vino, della birra e del baco da seta lo indirizzarono verso lo studio delle malattie infettive; nel 1877 pubblicò il primo studio sul carbonchio, cui seguirono quelli sul vibrione settico e sul colera dei polli. Saranno gli studi sul colera dei polli a indirizzarlo alla scoperta dell’immunizzazione per mezzo delle colture attenuate. L’insieme delle ricerche e degli studi sulla setticemia e la febbre puerperale, gli consentirono di formulare la sua nota “Teoria dei germi”, ufficialmente espressa in note datate 22 gennaio e 19 febbraio 1878, ed “il concetto di virus e di vaccino” 1881.
Pasteur fu il primo a riunire in un’unica concezione tutti gli aspetti della vita microbica inerenti alla fermentazione, la putrefazione ed il contagio; appariva però difficile, ai medici del tempo, accettare l’idea che esseri microscopici come i batteri potessero essere causa patogenetica dell’uomo e degli animali. Una volta dimostrata che la fermentazione era un atto correlato alla vita dei microrganismi, non potevano sussistere dubbi sull’origine ugualmente microbica delle malattie contagiose.
Affermato con questi studi l’immenso valore scientifico della terapia immunitaria, le ricerche di Pasteur sulle malattie contagiose si concentrarono sui problemi conseguenti alla scoperta e ai suoi sviluppi risolutivi; rimaneva tuttavia ancora in dubbio come le malattie contagiose si trasmettessero da un individuo all’altro e il motivo per cui l’epidemia esplodeva imprevedibilmente ed allo stesso modo scompariva. Certo è che Pasteur fu anche pioniere di ciò che oggi è chiamata “lotta biologica”, perché riteneva di poter utilizzare la sua scoperta anche contro le malattie delle piante, nella produzione intensiva.
I postulati di Koch consistono in una serie di procedure per identificare il microrganismo, agente causale di una malattia infettiva. Il rispetto dei Postulati è necessario per dimostrare la natura parassitaria di una malattia.
Robert Koch: Conseguita la laurea, Koch si trasferì a Berlino per seguire le lezioni di Virchow sui batteri. Nel marzo 1866 superò l’esame medico statale ad Hannover abilitandosi così alla pratica ospedaliera, fu assunto come assistente medico all’Hamburg General Hospital, dove anche si occupò di ricerca scientifica eseguendo analisi di materiale patologico, non trascurando lo studio di malattie infettive come il colera di grande utilità per i suoi successivi lavori.
Koch, deciso ad ampliare i suoi orizzonti, si dedicò a studi di microscopia in ambito medico ma anche in quello naturalistico.
Nel 1881, uscì il primo volume dei “Rapporti dell’Ufficio Imperiale della Sanità”, che conteneva un articolo importante descrivente la tecnica in vitro per isolare le colture pure, seguito da un articolo sulla disinfezione che tracciava la strada per il futuro lavoro.
Nel 1882 rese pubblico il lavoro sul bacillo tubercolare, riscuotendo un ampio consenso da parte della comunità scientifica. Koch vivacemente si confrontò a Ginevra con Pasteur nel settembre del 1882; nel dicembre dello stesso anno Pasteur indirizzò la sua risposta con una lettera al suo presunto “antagonista”. Koch annunciò l’anno successivo i Postulati che ancora oggi stanno alla base della ricerca scientifica.
Gli effetti pratici sulla sanità
La “Teoria dei germi” e i “Postulati” fornirono le basi essenziali per lo studio delle malattie infettive sugli esseri umani, animali e piante; essi, oggi, sono applicati nel campo più vasto dell’ecologia microbica, di cui la microbiologia medica è una branca.
I postulati di Koch consistono in una serie di procedure per identificare il microrganismo, agente causale di una malattia infettiva. Il rispetto dei Postulati è necessario per dimostrare la natura parassitaria di una malattia:
- Il microorganismo deve mostrare di essere costantemente presente nella sua forma caratteristica e nel tessuto malato.
- Il microorganismo, che dai suoi comportamenti visibili è responsabile della malattia, deve essere isolato e cresciuto in una coltura pura.
- la coltura pura deve mostrare di indurre la malattia in maniera sperimentale.
I postulati furono attribuiti a Koch dalla stampa critica e specialistica anche se, sorprendentemente, il loro enunciato nella forma finale apparve non in un suo scritto ma in un elaborato di Loeffler sulla difterite, datato dicembre 1883.
Lo studio dei tumori
“Negli anni compresi fra il 1860 e la fine del secolo le osservazioni fatte da alcuni grandi scienziati permisero di identificare le parti della cellula che contengono il materiale deputato alla trasmissione dei caratteri ereditari (cromosomi), e di formulare le prime ipotesi sul modo in cui questi venivano trasmessi dai genitori ai figli. Nacque così la genetica, la branca della biologia che studia i geni e l’ereditarietà.”
Queste teorie cellulari furono determinanti non solo per lo sviluppo della biologia, in generale, ma anche per l’approccio che offrivano allo studio e alla caratterizzazione dei tumori. Infatti, fino al Settecento, i tumori erano stati osservati solo ad occhio nudo, mentre dall’Ottocento in poi, grazie al microscopio, gli scienziati poterono finalmente analizzare le cellule che costituivano i tessuti, anche quelli tumorali.
Johannes Müller fu il primo a riportare delle osservazioni straordinarie relative alle differenze di “aspetto” tra cellule tumorali benigne e maligne, ipotizzando la formazione di nuove cellule all’interno dell’organo malato e la loro diffusione in differenti parti del corpo attraverso i vasi sanguigni. Inconsapevolmente, Müller aveva affrontato uno degli aspetti più complessi del cancro, quello che oggi conosciamo con il nome di metastasi.
Oltre a Müller, molti altri studiosi come Karl Thiersch si interessarono al fenomeno delle metastasi. Impressionanti furono le osservazioni e deduzioni di Thiersch che suggerì che i cancri si diffondono, ossia metastatizzano, per il distacco di cellule maligne dal primo tumore osservato.
La teoria di Thiersch, agli inizi non molto considerata, verso la fine dell’Ottocento venne ripresa da Stephen Paget che, studiando i tumori del seno, giunse alla nuova ipotesi del “seme e terreno” per spiegare come un tipo di tumore tende a formare metastasi in altre parti del corpo. Secondo questa teoria, analogamente a quanto avviene nel mondo vegetale, “una cellula tumorale (seme), che si stacca, potrà andare in qualsivoglia direzione, ma attecchirà e crescerà solo nel tessuto (terreno) ad essa congeniale”. Nello stesso periodo, Julius Cohnheim suggerì che i tumori avessero origine dalle cellule embrionali.
Mentre Müller, Virchow e altri erano impegnati a far capire al mondo che una possibile cura per il cancro si poteva ottenere solo attraverso un accurato studio delle cellule al microscopio, altri scienziati si prodigavano a risolvere sperimentalmente il cosiddetto dilemma dell’ereditarietà.
Negli anni compresi fra il 1860 e la fine del secolo le osservazioni fatte da alcuni grandi scienziati permisero di identificare le parti della cellula che contengono il materiale deputato alla trasmissione dei caratteri ereditari (cromosomi), e di formulare le prime ipotesi sul modo in cui questi venivano trasmessi dai genitori ai figli. Nacque così la genetica, la branca della biologia che studia i geni e l’ereditarietà.
Le osservazioni e le teorie di questi scienziati, come vedremo, contribuirono alla ricerca oncologica e al progredire nella strada iniziata da Müller e Virchow. Infatti, la larga accettazione che il cancro fosse una malattia delle cellule portò i ricercatori ad esaminare sempre più attentamente al microscopio i tessuti tumorali. In questo contesto, nel 1890, David von Hansemann, patologo tedesco, studiò al microscopio diversi tumori ed osservò che tutti presentavano delle anomalie nei loro cromosomi. Lo scienziato ne dedusse che tutte le cellule tumorali erano diventate tali proprio a causa di queste anomalie.
Le ipotesi di Hansemann furono successivamente riprese, ampliate ed approfondite da Theodor Boveri, biologo tedesco, che nel suo libro “Zur Frage der Entstehung Maligner Tumoren” (1914) scrisse: “la crescita del tumore si basa su una particolare combinazione cromosomica, errata, che è la causa delle caratteristiche di crescita anormale trasmesse alle cellule figlie”.
Stephen Paget: nel 1889 studiò i dati postmortem che erano stati assemblati da 735 donne con cancro al seno e notò che la distribuzione dell’organo delle metastasi in questi pazienti era nonrandom. Sulla base di questa osservazione Paget suggerì che la metastasi non è dovuta a eventi casuali, ma piuttosto che alcune cellule tumorali (il “seme”) crescevano preferenzialmente nel microambiente di organi selezionati (il “suolo”) e che le metastasi risultavano solo quando il seme appropriato è stato impiantato nel suo terreno adatto.
Teorie sui tumori, come riferimento della medicina attuale
Al momento esistono due principali teorie che tentano di spiegare questo processo. Stephen Paget ha elaborato la teoria del seme e del terreno, secondo la quale cellule tumorali hanno bisogno di trovare zone simili per composizione a quella nella quale si sono sviluppate. Un’altra teoria viene da James Ewing, secondo il quale la posizione dei vasi sanguigni e linfatici che drenano la zona del tumore determinano la zona di metastasi. Entrambe le teorie hanno portato contributi importanti nella comprensione di questo processo, che tuttavia è molto più complicato e spesso dipende anche dall’interazione con il sistema immunitario.
Oggigiorno vi è infatti un grande interesse nell’implementazione dell’immunoterapia, la quale prevede un potenziamento del sistema immunitario del paziente per permettere un efficiente controllo delle metastasi.
Leggi la prima parte:
Articolo di:
Luca Bartolini
Fonti Web
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